Il teatro secondo Sara ed Hengel (Teatro Cantiere)
Carissimi amici di Grand-Quignol!, oggi avremmo voluto parlarvi della Pasqua a Prizzi, un paese della Sicilia dove si festeggia questa mistica festività sguinzagliando per le strade inquietanti figure travestite da Diavoli e da Morte, con tanto di falce. Poi ripensandoci… Troppo facile, andatevelo a cercare da soli!
Ebbene sì, abbiamo cambiato idea. Perché ci è sembrato più importante condividere con voi certi pensieri che ci hanno colpito al cuore.
Ora ci spieghiamo meglio.
Recentemente Teatro Cantiere ha aperto le sue porte a chiunque fosse interessato al nostro progetto teatrale con una chiamata alle armi (Teatro Cantiere Ti Cerca) che ha solleticato la fantasia di molti ed in molti infatti hanno deciso di partecipare.
I più in verità non avevano idea del nostro “metodo di lavoro” e, naturalmente, ne son rimasti spiazzati. Di solito a chi vuol diventare attore si chiede di imparare a recitare, mentre noi chiediamo con un certo ardore l’esatto opposto: “Non recitare! Svèlati! Non fingere, che già tanto lo si fa nella vita quotidiana… Sii invece onesto, con te stesso, con gli altri!” E poi: “Ritrova il tuo corpo! Fai rivivere la tua spina dorsale, bloccata dai doveri del bon ton, da dolorosi nodi emotivi! Usa la voce, il bacino, i piedi, il pube ed impara ad Essere!” E soprattutto: “Rivèlati all’altro, senza paura, senza tregua ed impara a vedere, a vedere sul serio. Tròvati e fatti trovare, al di là delle parole, al di là delle regole sociali e di ciò che è conveniente: togli la maschera e ritròvati!”.
E qui arriviamo al nocciolo della questione: per molti queste richieste sono un enorme shock. Del resto non è certo facile dover riconsiderare i propri mezzi espressivi, i propri concetti di Verità e Finzione, di Paura e Sicurezza, di Teatro e Vita, di Disciplina e Libertà.
Alcuni a questo punto lasciano, spesso anzi fuggono terrorizzati. Qualcuno comincia ad odiarci.
Ma altri no, combattono e a modo loro compiono una personale rivoluzione, che con orgoglio un po’ tronfio potremmo anche definire Rinascita. Ed è bellissimo vedere nei loro occhi che cominciano a brillare vivi, necessità umane che vanno oltre il Teatro, oltre i freddi rapporti quotidiani con gli altri: una vera e propria Resurrezione.
Stiamo esagerando? Naturalmente sì, ma ovviamente no. Per questo come vi dicevamo all’inizio vogliamo rendervi partecipi di alcuni pensieri sui “massimi sistemi”, di alcune considerazioni mandateci qualche giorno fa via mail da due aspiranti TeatroCantieristi ora che hanno cominciato a capire il tipo di lavoro che chiediamo loro d’affrontare. Ci hanno colpito molto e speriamo che anche voi possiate apprezzare la volontà di queste persone ad andare oltre, nonché la loro gioia nello scoprire che ci sono alternative concrete a rapporti umani sempre più in balìa del quotidiano gioco balordo ed insensato che qualcuno vorrebbe farci credere sia Vita.
Ma bando alle ciance, questa è l’e-mail inviataci da Dario:
Noi non lottiamo sul linoleum*, ma ogni volta che ne usciamo. Perché la vera lotta non è contro la stanchezza, ma con l’umanità che apparentemente sembra non darci quello che noi cerchiamo di continuo: una relazione, seppure semplice, ma vera e onesta con l’altro.
Quante volte ci è capitato di stare a parlare con colleghi (di lavoro o università) senza uno scambio vero. E se vogliamo guadagnarci uno sguardo che non sia quello che si rivolge a degli oggetti, ma a un proprio pari, quanti sforzi dobbiamo o abbiamo dovuto fare?
Eppure ci sono delle persone con cui ci riesce naturale avere tutto questo, guardarsi e parlare con sincerità sapendo che l’altro c’è e crede nella nostra esistenza o essenza, senza chiedersi nulla a vicenda. E forse questo è altruismo, o l’inizio dell’amore. Ma il problema è che quando ci imbattiamo in queste situazioni, il più delle volte abbiamo paura, non ci crediamo. Oppure, sempre per paura, cerchiamo di ricollocare questa cosa che succede, bellissima e inspiegabile, a situazioni che già conosciamo e che siamo in grado di gestire. Senza abbandonarci alla bellezza di un momento, alla scoperta della persona che abbiamo avanti.
Cosa vorrà da noi quella persona?
E invece bisogna fidarsi e riservare la paura per situazioni che la richiedono davvero.
Poi un giorno vi capita di imbattervi in Teatro Cantiere, e tutto quello di cui vi ho scritto succede (più o meno) senza paura, con difficoltà perché non ci siamo abituati, ma succede. Gli sguardi diventano lentamente più sinceri, pian piano cominciamo a vederci, e a provare curiosità l’un l’altro, verso il mondo segreto (o i mondi segreti) che ognuno si porta dentro (e che di solito conoscono a metà solo gli amici di lunga data).
Senza parlare e senza “conoscersi” riusciamo a tessere una ragnatela che appaga la nostra sete di sincerità e ci dà la possibilità di far esplodere (silenziosamente) quello che abbiamo dentro (perché in cuor nostro vogliamo tremendamente che esploda con tutte le forze, conosciamo fin troppo bene la bellezza di un fuoco che arde).
Tutto questo è bellissimo, e siamo contenti che accada. E continuiamo a lavorare per scoprire sempre di più noi stessi e coloro che lavorano con noi. Ma non dobbiamo mai dimenticare una cosa: il linoleum non è un caldo letto dove andare a dormire. Lì sopra tutto è facile (contrariamente a quello che crediamo), è fuori che è difficile. E allora non dobbiamo abbandonarci alla stanchezza o alla rassegnazione o alla sfiducia. Ma usare questa stanchezza, questa rassegnazione, come una nuova energia da portare fuori, perché è fuori che le cose non vanno, che non abbiamo quello che cerchiamo. E il linoleum non deve essere una facile risposta, non deve essere la nostra “isola di pace” ma un trampolino di lancio, l’anticamera di una casa che è il mondo. E non possiamo permetterci di fermarci proprio alla soglia di questa anticamera, ma dobbiamo trascinarci dietro e con forza tutte le belle cose che ci sono lì dentro, e mostrarle al mondo. Se riuscissimo a portare fuori anche solo un briciolo di quello che facciamo al Cantiere, senza che la paura del “giudizio” ci blocchi, scopriremmo che se prima su mille persone ci si capiva solo con una, dopo, forse, riusciremmo a capirci con dieci.
Adesso, siccome ho idealizzato e intellettualizzato tutto, dovrò spaccarmi con gli esercizi che ci fa fare Davide°, così da dirvi queste cose non con le parole, ma con il corpo.
Ed ecco la risposta di Alessandra:
…e così un sabato pomeriggio come tanti, uno approfitta di un momento di relativa calma al lavoro per aprire la posta e si trova immediatamente sbalzato in una realtà virtuale. Parole magiche che mi fanno chiedere se davvero io sono qui, ora davanti ad un pc o se mi sto immaginando tutto. Perché come tutte le emozioni forti ti investono, e ti lasciano incredulo (ma sta davvero succedendo?) E allora approfitto di questo stato per rispondere di getto, e lasciarmi cullare ancora qualche minuto da questa sensazione prima di reimmergermi “là fuori” a svolgere le mansioni che competono alla rigida persona che mi rappresenta.
Certe persone si riconoscono subito; sentimenti comuni emergono e brillano negli occhi di chi ti sta davanti, quando senti dire che “là fuori” non esistono rapporti umani degni di questo nome, perché tutto si gioca con regole non scritte, dettate da un “si deve” al quale NOI (posso osare?) non abbiamo voluto sottostare, ma nel quale viviamo. E allora cerchiamo vie di fuga, scappatoie, buone per darsi una ragione, per mettere a posto la coscienza e dirsi che in fondo va bene così.
Ma si rischia di farsi prendere la mano, e di dimenticarsi quale sia la vera essenza, quali siano le cose davvero importanti, trascinati da un vortice di luci e di colori a volte si perde la bussola.
Ed è in questo che non sono d’accordo con Dario: a mio parere sul linoleum non è per niente facile; perché bisogna riscoprirsi, bisogna mettersi a nudo e tirare fuori la vera essenza di noi stessi, quella che talvolta ci dimentichiamo, e quella che per troppo tempo abbiamo cercato di non perdere, ma senza accorgercene abbiamo messo da parte. Ed emergono le nostre debolezze, le nostre fragilità. Questa è la vera palestra. Per questo è fantastico guardarsi intorno nella difficoltà e trovare gli occhi che brillano di vita di chi tutti i giorni combatte le tue stesse lotte . Non è banale. E di questo ringrazio voi tutti, perché nei vostri occhi riesco a vedere la scintilla che cercavo, e che spesso non riesco a trovare in chi conosco da anni. Certe persone sono una rarità.
Ma è una bella sfida che viene lanciata. Per l’idea che mi sono fatta Teatro Cantiere più che un modo di fare teatro è un modo di vivere. Io sono ancora un passo indietro. Prima devo impararlo (o reimpararlo). Poi posso pensare ad esportarlo, e farne una bandiera.
E con il sorriso stampato torno al lavoro, pensandovi in questo momento sul linoleum.
Sappiamo che voi lettori di Grand-Quignol! avreste preferito assaporarvi le mail rancorose (ci arrivano anche quelle, naturalmente), ma cercate di capire: oggi è giorno di Resurrezione ed Amore, di Perdono e Risveglio per cui abbiamo preferito dare spazio al “Lato Chiaro della Forza”.
Forse un giorno pubblicheremo anche i messaggi di odio e frustrazione, anche se pensiamo sia difficile che gli autori ci concederanno il permesso di farlo, quindi se non succederà non fatevene una croce…
Nel frattempo, grazie per essere arrivati fino a qua con la lettura e Buona Pasqua di Resurrezione a tutti!
*La pavimentazione usata durante le prove teatrali, leggi: lo spazio di lavoro.
°Teatro Cantiere è composto attualmente da tre persone: Sara, Hengel e Davide
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