La situazione per i 39 profughi ospiti a Piaggerta si fa tesa, dopo oltre due mesi di limbo in questa accoglienza sempre più lontana dall’integrazione, organizzata con modalità che stanno scontentando tutti.
Gli ospiti di Piaggerta questa mattina si sono sdraiati lungo la strada di San Rossore, in forma di protesta, chiedendo il pocket money, il permesso di soggiorno e abiti di ricambio. Sul posto sono giunti anche i Carabinieri e la Polizia Municipale, nonché gli operatori della cooperativa Paim che ha in gestione la struttura. E dopo aver espresso l’intenzione di andare fino in Prefettura per portare le loro richieste, i profughi hanno desistito di fronte alla garanzia che da domani gli verrà erogata la carta prepagata con cui poter effettuare piccole spese.
Da convenzione, i profughi hanno diritto ad un pocket money giornaliero di 2,5 euro, che però non può più essere erogato in contanti, ma solo tramite carta prepagata. Le carte però possono essere date solo a chi ha già il permesso di soggiorno temporaneo – e 12 di loro ancora non lo hanno – e non può essere utilizzata per qualsiasi spesa. Per questo motivo durante la stipula della convenzione, la Società della Salute ha chiesto e ottenuto che venisse inserita un’alternativa, ovvero la distribuzione di beni strumentali: ricariche telefoniche, sigarette e oggetti di uso quotidiano, che i profughi chiedono alla cooperativa che a sua volta glieli fornisce, anticipando le spese. Spese che però non è scontato che vengano rimborsate: è infatti la Prefettura poi a valutare le rendicontazione della cooperativa, con ampi margini di discrezionalità.
Ma i richiedenti asilo protestano anche per la lentezza delle procedure burocratiche: a molti infatti manca ancora il permesso temporaneo e solo 4 di loro sono stati ascoltati dalla comissione che decide sul loro status di rifugiati. E chiedono anche abiti e medicine; in tanti hanno solo un cambio, e spesso anche malconcio. Quanto alle medicine, non sono inserite nella convenzione ma vengono date solo dal Pronto Soccorso o dal medico di famiglia, che invece è stato garantito a tutti.
Resta poi il grosso problema della lingua: i profughi dicono di aver fatto solo una lezione di italiano, mentre la Società della Salute dice che le lezioni svolte sono tre. Resta il fatto che nessuno ha preso confidenza con la lingua e non hanno cominciato veri percorsi di apprendimento. E non ultimo, la lontananza dalla città comincia a farsi pesare, come da tutti pronosticato.
Sulle richieste dei richiedenti asilo, la presidente della Società della Salute Sandra Capuzzi si dice “vicina con le ragioni che li spingono, perché è ormai evidente a tutti che questo sistema non funziona e non si può definire accoglienza”.
“Ci troviamo di fronte a scelte non prese da noi – dice ancora – alle quali però siamo obbligati a sottostare, cercando di limitarne le criticità. La questione del pocket money ad esempio è seria, perché se è vero che i profughi hanno diritto a spendere questi pochi soldi come credono, è anche vero che non tutti possono avere la carta, perché non hanno ancora il permesso, e anche quelli che l’avranno si troveranno in difficoltà quando la useranno. Dove la useranno? Alla Piaggerta? Fino a che restano lì non mi sembra che questo strumento gli faciliti le cose”.
“Con la richiesta della carta prepagata viene poi meno l’erogazione di beni strumentali – conclude Capuzzi – ed è sicuramente peggio per loro”. L’assessora fa quindi sapere che è stato convocato un tavolo regionale, per la prossima settimana, indetto dall’assessora all’immigrazione Stefania Saccardi, per affrontare queste criticità che sono comuni a tutti i centri di accoglienza.
Intanto a chiedere chiarimenti su quanto sta avvenendo è l’associazione Africa Insieme, che oggi ha visitato la struttura e scrive in una nota: “Chiediamo urgentemente chiarimenti alla Prefettura. Se è vero che gli ospiti di Piaggerta non ricevono il pocket money, non hanno una fornitura adeguata di vestiario, non dispongono di corsi di italiano, significa che siamo di fronte ad una violazione evidente delle normative in materia di accoglienza”.
“Ricordiamo – si legge ancora – che una recente circolare del Ministero dell’Interno, datata 19 Marzo, obbliga gli enti gestori ad adeguarsi a precisi standard, che in questo caso non sono stati rispettati. Questa è dunque l’accoglienza che la nostra città sa garantire a chi fugge da guerre, persecuzioni e violenze? Ancora una volta, siamo di fronte a un sistema sciatto, inadeguato, costruito senza alcuna progettualità e con modalità emergenziali”.