È un quadro ancora in sofferenza quello per l’economia della provincia di Pisa. Ieri sono stati presentati i dati sull’andamento del nostro territorio, redatti dalla Camera di Commercio di Pisa, che presentano una città che sembra soffrire di più, rispetto non solo alla Toscana ma anche al resto del Paese.
Secondo le più recenti stime Prometeia, il valore aggiunto prodotto a Pisa nel 2013 segna un -1,9%: un’ulteriore contrazione rispetto al 2012 quando aveva perso l’1,8%. Se infatti per la Toscana il valore aggiunto prodotto nel 2013 risulta di 4,9 punti inferiore rispetto al picco pre-crisi, Pisa ne perde addirittura 6,5, portando le lancette dell’orologio al 2005.
L’economia pisana – non diversamente da quella regionale e nazionale – continua a soffrire dello stato di asfissia in cui versa il mercato interno, penalizzando soprattutto le imprese che con questo sono chiamate a fare i conti tutti i giorni. I settori più colpiti sono il commercio al dettaglio, l’edilizia, l’artigianato, ma anche il turismo interno e importanti spezzoni dell’industria.
Le indagini congiunturali condotte sul manifatturiero pisano fanno registrare un’ulteriore flessione della produzione (-4,5% nel 2013). L’andamento dei primi tre mesi del 2014, anticipato ieri, mostra un ulteriore aggravamento per l’industria pisana, che segna una contrazione dell’attività produttiva del 2,2%.
Che dai mercati esteri continuino a venire i risultati migliori lo rivela in primo luogo l’andamento del fatturato manifatturiero pisano, che nel 2013 segna un +0,3% ed un -5,7% sul mercato domestico. A conferma di quanto è emerso dall’indagine sul manifatturiero in merito alla tenuta della componente estera della domanda, viene la dinamica dell’export che a Pisa avanza del 2,9% portandosi a quota 2,7 miliardi di euro.
La crescita dell’export pisano, dal punto di vista geografico, si deve soprattutto alla ripresa del mercato europeo (+1,7% pari a 1,1 punti sui 2,9 complessivi). A livello settoriale le esportazioni pisane crescono grazie a due comparti di estrema rilevanza per Pisa, come la filiera delle pelli (cuoio e calzature) e la meccanica che, considerate nel loro complesso, spiegano ben 2,1 punti di crescita sui 2,9 messi a segno dalle esportazioni.
Ma il dato che colpisce di più è certamente quello della diminuzione, dal 64,8% del 2012 al 63,2% del 2013, del tasso di sopravvivenza delle imprese a tre anni dalla loro apertura: un chiaro segnale di come la crisi stia ancora assestando pericolosi colpi di coda.
Anche l’indagine condotta annualmente sulle Piccole e Medie imprese riconsegna un quadro che, seppur in leggero miglioramento, rimane ancora complesso per la provincia di Pisa. Nel 2013 infatti sette imprese su cento hanno aumentato il fatturato; nel 2012 erano quattro su cento.
Sempre secondo questa indagine, l’atteggiamento degli imprenditori pisani rimane ancora estremamente prudente. Nel caso degli investimenti, la quota di imprenditori che ne ha effettuati nel 2013 è di appena il 9%. Se da un lato il risultato conferma l’atteggiamento “attendista” da parte delle imprese, l’aumento della quota di coloro che hanno destinato i prestiti alla ristrutturazione del debito (passate dal 16% del 2012 al 53% della presente rilevazione) desta fortissime preoccupazioni nella misura in cui a tale motivazione è connesso il diffondersi di situazioni di crisi aziendale.
Ad innescare il consistente calo della domanda interna registrata a Pisa nel 2013, e di conseguenza la crisi dei settori che vivono sul mercato domestico, sono state le cattive performance del mercato del lavoro. Nel 2013, non solo si sono ridotte le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro, ma vi è stata una ricomposizione dell’occupazione verso posizioni di lavoro ad orari più ridotti.
Il tasso di disoccupazione, pur restando al di sotto della media nazionale e regionale, ha continuato a crescere: dal 6,8% del 2012 all’8,6% del 2013. Se volessimo ricomprendere nel novero dei disoccupati anche gli inattivi disponibili a lavorare, si stima che il tasso di disoccupazione avrebbe toccato a Pisa addirittura il 14,5%, colpendo in particolar modo, secondo la Camera di Commercio, uomini e giovani, che nella classe 15-34 anni sfiorano i venti punti percentuali di disoccupazione.
Quanto alle protezioni sociali, oltre ai contratti di solidarietà, le indicazioni che vengono dall’andamento della Cassa Integrazione Guadagni continuano ad essere allarmanti. Il numero di ore di Cassa Integrazione autorizzate nel 2013 si impenna sfiorando i 6milioni di ore, delle quali il 74% per coprire situazioni di particolare criticità aziendale.