Secondo il Sole 24 Ore Pisa sarebbe la provincia toscana ad aver “retto meglio la crisi”. Ieri il quotidiano economico ha pubblicato un’analisi dove mette a confronto i diversi contesti territoriali d’Italia a partire da dieci diversi indicatori: reddito pro capite, depositi in banca, prestiti personali, tasso di disoccupazione, laureati, costo delle abitazioni, immatricolazioni di auto nuove, acquisto di beni durevoli, farmaci e produzione di rifiuti.
Il territorio pisano si è classificato al quinto posto a livello nazionale, alle spalle di Vicenza, Bolzano, Modena e Mantova; e il primo in Toscana davanti a Prato, settima in Italia, e Firenze che si ferma al 25esimo posto fra i contesti analizzati dal 2007 al 2013.
Un’analisi completamente in controtendenza rispetto a quanto affermano tutte le associazioni di categoria, i sindacati e i soggetti economici anche a Pisa. E che parte sopratutto da indicatori che già di per sé tracciano un quadro solo di una parte della questione.
Viene quindi considerato il tasso di disoccupazione e il numero di laureati, senza che vengano però messi in relazione. C’è poi il dato sul reddito procapite, che riprende quello Prometea sul valore aggiunto, che a Pisa nel 2013 è stato del -1,9%. Tra gli indicatori colpisce la spregiuticatezza di quello dei rifiuti: le perfomance migliori e peggiori sono state calcolate sulla produzione procapite, intendendo come performance “migliori” quelle delle città che ne hanno prodotti di più. Idem per le spese dei medicinali, che vengono accorpate a quelle per i cosmetici: l’indicatore conta solo la spesa procapite, ma non in rapporto alla spesa sanitaria pubblica o distinguendole da quella per i cosmetici.
Compaiono poi dati più strettamente relativi al consumo, come i soldi destinati all’acquisto di elettrodomestici, alle nuove immatricolazioni e al costo delle abitazioni. C’è poi il dato sui prestiti personali: anche in questo caso viene considerata migliore la performance di quelle città in cui è cresciuto maggiormente l’importo medio di prestito. Come a dire “regge meglio la crisi chi fa più ricorso al credito”.
“Il quinto posto nazionale per tenuta è una realtà importante che ci sprona a rilanciare – ha commentato il Sindaco di Pisa Marco Filippeschi – L’analisi, fatta nei sette anni di durissima crisi, dimostra che la provincia di Pisa ha una struttura solida, differenziata, con motori economici ancora potenti e con punte d’innovazione”.
“In questa realtà – ha aggiunto – il capoluogo ha svolto negli anni difficili una forte funzione anticiclica e di prospettiva con i suoi grandi investimenti e preservando e sviluppando le funzioni metropolitane, alta formazione e ricerca, sistema sanitario, aeroporto, e puntando al rilancio del turismo. La recente assemblea della Camera di Commercio ha marcato questo giudizio”.
Un giudizio in effetti che assumeva come elemento positivo la capacità della città di attrarre ancora investimenti, a partire però da dati che evidenziano comunque una crisi profonda nella quale si è ancora immersi. Dalle oltre 1000 richieste di intervento allo sportello anticrisi della Prefettura, ai dati con il segno meno presentati dalla Camera di Commercio proprio nella stessa assemblea di cui sopra, l’economica pisana non se la passa poi bene salvo qualche settore trainante. E come non pensare agli oltre 20 mila lavoratori toscani in cassa integrazione per i quali solo a giugno sono stati sbloccati i pagamenti del 2013?
“Ora dobbiamo puntare a non perdere il nostro dinamismo”, ha detto ancora Filippeschi, “e a creare un contesto di crescita migliore, attraente per gli investimenti. Dai territori può venire un contributo essenziale al superamento delle difficoltà. Ma per dare ancora buoni esempi vanno superate le strozzature assurde, quale quella del patto di stabilità che blocca pure i comuni virtuosi. Anche la crisi di settori molto rilevanti, quale quello delle costruzioni, dev’essere affrontata mettendo in campo politiche nuove, di qualità, accentuando le scelte di sostenibilità, recupero e riuso che ci hanno già premiato”.