Il primo sole del mattino lambisce coi suoi dorati raggi la sede delle industrie Game Center CX. Nel suo ufficio, il caposezione Shinya Arino è pronto per una nuova giornata di lavoro: oggi la consegna è di sconfiggere il temuto Red Arremer della versione Famicom di Ghosts ‘n Goblins. Con fiducia, al grido di “KACHO ON!”, Arino accende la vetusta console, pregustando lo scontro…
Non era scontato che Game Center CX divenisse un programma famoso, o che portasse la celebrità di un comico manzai ben oltre i confini del Nippone. Del resto, quanta gente avete mai visto fare la fila per veder giocare l’ingiocabile da parte di Ficarra e Picone? Eppure, qualcosa certo ha funzionato: sarà stata la tenacia del protagonista, il suo umorismo caustico e dimesso, l’amore profuso dalla regia televisiva verso la storia del videogioco… chissà.
Resta il fatto che, dopo un inizio in sordina nell’ormai lontano 2003, grazie soprattutto alla Rete e a una torma di sottotitolatori folli, dal successo generale in patria siamo lentamente passati alla genuflessione planetaria di noi orribili nerd, per questo piccolo uomo. Al contempo, è andato via via allargandosi il minutaggio del programma dedicato alla Sfida, dove giochi famosi – più spesso famigerati – devono essere completati da Arino in tutto o in parte.
Il format prevede che, laddove il protagonista s’incagli, arrivi uno (o una) stagista a togliergli le castagne dal fuoco . Dal momento che Arino non sempre ci tiene a passare da brocco, il malcapitato (o la malcapitata), anche qualora riesca a recare valido aiuto, sarà vittima delle acide frecciatine del caposezione. Costui infatti, nonostante l’aspetto pacioso e inoffensivo, sa essere un gran bastardo quando vuole.
Il resto della trasmissione ha poi sempre cercato di coniugare la follia per i vecchi giochi con la follia e basta, proponendo escursioni in remote sale giochi, preti buddisti che recitano guide strategiche e varie divulgazioni retromaniache sempre più improbabili, proprio per questo digeribili anche da un pubblico non particolarmente nostalgico.
Puntata dopo puntata, Arino punta sempre un po’ più in là, finendo al celebre stadio Budokan, in America (dove alcuni episodi sono usciti ridoppiati su DVD, sotto il nome di Retro Game Master), in Francia e oggi anche sul grande schermo. L’infantile meraviglia che Arino dimostra nelle sue avventure elettroniche sancisce la sua progressiva trasformazione in nerd di mezza età, proiettandolo quindi tra i santi laici del calendario dei videogiochi.
Fino a trasformarsi esso stesso in videogioco! Ma questa è un’altra storia…
Sono le dieci di sera. Arino ha la faccia devastata dalla stanchezza, le mani piagate e una pezza rinfrescante sulla fronte. È in grado di articolare solo monosillabi. A nulla sono valse le ore di fatica: il caposezione infatti è una vera e propria frana nella maggior parte dei videogiochi, e il demonietto rosso, invitto, è sempre lì. La sfida continuerà domani? Arino sarà retrocesso? Tra poco, l’assistente alla regia, con fare deferente, entrerà e gli annuncerà il suo destino…
Tommaso Mongelli