Scendono in piazza gli studenti il 10 ottobre contro la “Buona Scuola” di Renzi, il patto proposto dal governo che sta incontrando le opposizioni dei sindacati di base, dei movimenti e delle associazioni studentesche, dei coordinamenti dei precari e di “Il sindacato è un’altra Cosa – Opposizione CGIL in FLCL”, l’area del sindacato che si è costituita durante lo scorso congresso nazionale in alternativa alle posizioni portate avanti dal segretario generale Susanna Camusso.
L’appuntamento a Pisa è per venerdì 10 ottobre, alle 8:30 in piazza Guerrazzi. Intanto, già da qualche giorno gli studenti hanno dato vita ad una mobilitazione sui social network, dove compaiono foto di studenti in piedi sui banchi di scuola. Il tutto accompagnato dall’hashtag #entrainscena. Alla mobilitazione di domani hanno aderito anche i Cobas scuola Rifondazione Comunista, SEL, Una città in Comune e il Municipio dei Beni Comuni.
A spiegare cosa non funziona nella “Buona Scuola” sono alcuni membri del Direttivo Regionale della FLC-CGIL della Toscana, che bocciano senza appello i contenuti del piano, definito zeppo di “retorica dell’innovazione e del “merito””. Al primo punto, la promessa di stabilizzare 150.000 precari. “È un atto dovuto – ci spiega Guido Masotti, del direttivo toscano FLC e dell’opposizione Cgil – effetto di una direttiva europea che impone di assumere chi lavora con contratti a tempo determinato da almeno tre anni, ma nasconde in realtà l’espulsione dalla scuola di decine di migliaia di docenti. In base al piano del governo infatti, ci saranno i precari di “serie A” che verranno assunti, ma dovranno spesso spostarsi in un altra regione e fare da tappabuchi, e quelli di “serie B” che, nonostante anni di insegnamento e qualifiche di ogni tipo (TFA,PAS), non saranno assunti e perderanno pure la possibilità di lavorare come precari”.
All’origine di questa suddivisione c’è il fatto che i circa 150.000 stabilizzandi corrispondono a tre categorie: “I precari storici, quelli che facevano parte delle cosiddette graduatorie a esaurimento, che sono circa 140.000. Per loro vale la direttiva europea, come per i circa 8.000 che sono risultati vincitori o idonei nell’ultimo ‘concorsone’ del 2012, e che Renzi ha deciso di stabilizzare”.
Per gli insegnanti che fanno parte delle altre due categorie le prospettive sono più che incerte: “Da una parte ci sono gli abilitati, quelli che dopo la SIS hanno svolto i corsi di abilitazione – il TFA e i PAS – spesso con grandi sforzi, costi e difficoltà. Queste persone non solo non sono entrate automaticamente nelle graduatorie, ma per loro la ‘buona scuola’ prevede un’espulsione senza appello, dato che potrebbero fare solo le supplenze, che però saranno pochissime perché in gran parte coperte dagli insegnanti di “serie A”. Per gli abilitati – aggiunge Masotti – è previsto un nuovo concorso nel 2015. Peccato che su 200.000 persone i posti disponibili siano 40.000″.
Dall’altra ci sono gli “ultimi”, ovvero gli insegnanti che già lavorano da anni pur non avendo l’abilitazione, ma soltanto la laurea. “Non solo non verranno assunti – spiega il sindacalista – ma la loro graduatoria verrà eliminata e non potranno quindi fare né supplenze né altro. Potranno sperare di prendere l’abilitazione ed entrare a far parte della ‘serie B’, con tutte le problematiche già viste”.
Oltre alle assunzioni il piano scuola di Renzi, dicono dal direttivo FLC toscano, “nasconde un nuovo pesante taglio agli stipendi dei docenti il cui blocco, introdotto nel 2010, verrà prolungato fino al 2018. Gli scatti di anzianità verranno sostituiti da modesti aumenti di stipendio, ma solo per il 66% degli insegnanti ritenuti “meritevoli” dal Dirigente Scolastico (e da pochi altri), che arriveranno al massimo all’attuale livello di stipendio, già tra i più bassi d’Europa. Lo stipendio resterà invece bloccato per i “non meritevoli””.
Un meccanismo, aggiungono, che “non migliorerà in nulla la didattica, ma metterà gli insegnanti in competizione tra loro e li renderà succubi del Dirigente Scolastico che, oltre a determinare gli avanzamenti di carriera, avrà anche la possibilità di scegliere chi chiamare nella propria scuola e, che, con la riforma degli organi collegiali, avrà ancora più poteri”.
Infine, “anche tra le scuole saranno individuate le più meritevoli che, in un contesto di tagli generalizzati, saranno finanziate di più, aumentando i divari già esistenti tra scuole di élites e scuole che accolgono gli studenti più difficili. Sarà inoltre promosso l’ulteriore ingresso nella scuola dei soggetti privati che, in quanto finanziatori, potranno influenzarne l’orientamento e la didattica”.
La direzione in cui dovrebbe andare la scuola pubblica è un’altra, afferma il sindacato degli insegnanti: “Dopo decenni di contro-riforme e di tagli per più di 10 miliardi di euro, la scuola pubblica ha bisogno di un cambiamento reale ma positivo, basato su rifinanziamenti massicci, sulla riduzione degli alunni per classe, sull’aumento degli stipendi di docenti e ATA, sull’aumento dell’organico, sulla stabilizzazione di tutti i precari e su maggiore democrazia interna. Solo così sarebbe in grado di migliorare la qualità dell’istruzione e svolgere i compiti che le assegna la Costituzione. Il “Piano scuola” di Renzi, in perfetta continuità con i governi Berlusconi, va nella direzione opposta”.