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InQuadriamo il diritto Parcheggi a pagamento: quando sono legittimi?

Denis-Cappellin-flickr

Cari Lettori,
oggi con InQuadriamo il diritto risponderò ad una domanda che sempre più spesso mi viene fatta quando si parla di parcheggi a pagamento: gli stalli blu sono sempre legittimi?

La Corte di Cassazione, con una pronuncia a Sezioni Unite (e precisamente con la sentenza del 8 gennaio 2007, n. 116), ha già da tempo dato una risposta precisa a questa domanda, indicando chiaramente i casi in cui i parcheggi a pagamento sono legittimi (e sono, dunque, legittime le sanzioni che vengono elevate agli automobilisti che non pagano il relativo ticket).

Il caso deciso dalla Corte di Cassazione era stato promosso da un cittadino che aveva chiesto al Giudice di Pace della sua città che venissero “dichiarati nulli ed inefficaci tutti i verbali di accertamento e di contestazione notificatigli per manifesta nullità delle delibere della Giunta Municipale e delle ordinanze del Sindaco … adottate in materia di parcheggi a pagamento nel centro cittadino, nullità derivante dalla mancata previsione di adeguate aree destinate al libero parcheggio, come previsto dal comma 8 dell’articolo 7 del codice della strada”.

Quest’ultima norma (ossia il comma 8 dell’articolo 7 del codice della strada) è la norma che detta il discrimine tra stalli blu legittimi e stalli blu illegittimi. La disposizione prevede, infatti, che “qualora il comune assuma l’esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l’installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta … su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze, deve riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia, o senza dispositivi di controllo di durata della sosta. Tale obbligo non sussiste per le zone definite a norma dell’articolo 3 “area pedonale” e “zona a traffico limitato, nonché per quelle definite “A” dall’articolo 2 del decreto del ministro dei Lavori pubblici 1444/68” (ossia per le “zone interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale”) e in altre “zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla giunta nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico“.

Il Giudice di Pace, accogliendo il ricorso promosso dal cittadino, aveva stabilito che le ordinanze istitutive dei parcheggi a pagamento assunte dal Comune nel quale erano state elevate le infrazioni avevano sì “previsto l’istituzione di un parcheggio libero, ma questo era situato in zona lontanissima dall’area riguardante le contestate violazioni”. Né poteva ritenersi, sempre secondo il Giudice di Pace, “che l’obbligo di riservare un’adeguata area destinata a parcheggio libero non sussistesse con riferimento ai casi esaminati, in quanto i parcheggi rientravano nella zona definita “A” dall’articolo 2 del decreto del ministro del Lavoro …. 2 aprile 1968, perché il Comune non aveva mai definito come tale l’area in questione né aveva prodotto documentazione da cui risultasse che strade di cui si trattava rientrassero in agglomerati urbani di particolare valore storico o di particolare pregio ambientale”.

Il Giudice di Pace aveva, quindi, disapplicato le delibere della Giunta comunale e le ordinanze del Sindaco istitutive dei parcheggi a pagamento riguardanti le contestate infrazioni ed aveva, conseguentemente, annullato tutti i verbali impugnati dal ricorrente, con piena vittoria per quest’ultimo nei confronti del Comune, che era rimasto soccombente in giudizio e che aveva, quindi, impugnato la sentenza davanti alla Corte di Cassazione.

Ebbene, la Corte di Cassazione, con la sentenza citata, ha dato ragione al Giudice di Pace (e, quindi, al cittadino pluri-multato), affermando che con la sua decisione il Giudice di Pace aveva correttamente “rilevato vizi di legittimità dei provvedimenti amministrativi istitutivi delle zone di parcheggio a pagamento, consistenti nella violazione dell’obbligo di prevedere anche aree di parcheggio libero” (questo è il testo esatto della sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite del 9 gennaio 2007, n. 116).

A chi mi domanda, quindi, come si fa a stabilire se i parcheggi a pagamento di una città sono o meno legittimi consiglio sempre di verificare, presso i competenti uffici comunali, se questi parcheggi a pagamento sono “compensati” dall’esistenza, nelle immediate vicinanze, di sufficienti parcheggi liberi (nei quali è consentita la sosta gratuita dei veicoli). Se così non fosse, occorre ancora verificare se i parcheggi a pagamento sono stati istituiti all’interno di aree pedonali, all’interno di zone a traffico limitato, all’interno di zone di particolare rilevanza urbanistica preventivamente individuate e determinate dalla Giunta comunale e nelle quali sussistano particolari esigenze e condizioni di traffico o, infine, all’interno di zone interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale. In questi casi, infatti, i parcheggi a pagamento sono effettivamente legittimi, e legittime sono le multe che in relazione ad essi vengono elevate agli automobilisti.

Vi aspetto alla prossima!
Francesca Bonaccorsi

 

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Pubblicato il: 17 dicembre 2014

Argomenti: InQuadriamo il diritto, Quaderni

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