di Giovanni A. Cignoni
Parliamo di nuovo del Museo della Grafica dove… siamo del gatto!
Come si fa a dire gatto e non pensare al topo? È un binomio di antagonisti che più classico non si può: da Topolino & Gambadilegno fino a Maus ci dilungheremmo volentieri parlando dei grandi (Tom & Jerry?) e dei minori (Mototopo & Autogatto?), ma resistiamo alla tentazione e rimaniamo nel seminato.
Per noi il topo è il topo, quello che apparve a metà degli anni ’60 cercando un modo di interagire con i calcolatori diverso dall’intuitivo ma impreciso, scomodo e faticoso toccaschermo già allora inventato e funzionante, ma appunto insoddisfacente. Il topo invece convinse ed è ancora lì, tuttora imbattibile nelle sue diverse declinazioni per chi con il calcolatore ha un rapporto quotidiano, continuativo e spesso lavorativo. Oppure ci gioca, ma sul serio.
Per via del cavo/coda, topo è il dispositivo che sta sulla scrivania vera e che si impugna – oggi piuttosto un criceto a causa delle successive mutazioni senzafilo. Quello che si muove sullo schermo, sempre su una scrivania, ma virtuale, sarebbe in effetti il puntatore. Ma sono pochi gli osservanti di questa distinzione e per tutti è topo anche sullo schermo. Per fortuna.
Neko in giapponese significa gatto, ed è anche il nome di una app sciocchina per allietare/distrarre gli utenti.
Neko (猫) in giapponese significa gatto e Neko è un programmino appartenente al filone delle applicazioni sciocchine che animano la scrivania per allietare/distrarre gli utenti. La prima versione pare sia stata realizzata su un NEC PC9801, un quasi IBM PC compatibile giapponese dei primi anni ’80.
Da lì la colonia felina si spostò prima sul Mac, nel 1989 con qualche limitazione (pare fosse confinato in una finestra), e subito dopo su XWindows, l’interfaccia a finestre dei sistemi Unix, dove chi scrive si ricorda di averlo compilato nel 1992 o giù di lì dando al micio l’opportunità di sgambare in giro per l’esagerato schermo da 21” di una Sun Sparcstation 10.
Il contributo di Neko al mondo dell’intrattenimento digitale, va detto, si esaurisce presto: sta tutto nell’aver colto la proverbiale metafora rendendola con una grafica piacevole e originale, cosa che in pochi pixel non è mai facile e quando riesce bene… chapeau! L’interazione con il micio è minima, Neko non ha nessuna ambizione di appartenere alla categoria dei compagni virtuali di cui prendersi cura e con cui instaurare un qualche rapporto affettivo. Insomma niente a che vedere con Little Computer People del 1985 o con i Tamagotchi del 1996.
Ciononostante, in una mostra dedicata ai felini nell’arte e nella storia, Neko non poteva mancare. Quindi, se volete giocare al gatto con il topo passate al Museo della Grafica dove lo trovate nella versione per Mac OS X installata su un sempre fascinoso iMac G4 del 2002 della collezione del Museo degli Strumenti per il Calcolo.
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