di David Fincher (2014)
Di sicuro il trailer del film meriterebbe un plauso. Sì perché questo è il classico caso in cui il trailer ostenta quello che nel film non vedremo mai. Tratto dal romanzo di Gillian Flynn, il film di David Fincher non ci convince più di tanto. Memori del bel Seven, thriller adrenalinico e ben congegnato, di fronte a questo rimaniamo delusi.
La storia va a giocare su tutto ciò che normalmente conquista le luci della ribalta: lo scontato meccanismo perverso dei classici processi mediatici in cui l’assassino viene sbattuto in prima pagina prima ancora di verificare se colpevole lo è davvero.
Amy e Nick sono coppia americana medio borghese e benestante apparentemente felice che, improvvisamente, rimane vittima della crisi economica. Entrambi scrittori e giornalisti, perdono il lavoro e colgono l’occasione di trasferirsi nello stato del Missouri – prima vivevano, volentieri, a New York, intellettuali anche noti, soprattutto lei. È qui che la figura di Amy va a perdersi nel ruolo della donna di casa in cui la noia e la banalità spingono a creare mondi diversi con la fantasia – l’algida Rosamund Pike va a rispolverare qualche figura classica di dark lady rigorosamente bionda, e un po’ cotonata.
Il film va a toccare il tema del matrimonio come tomba del sentimento, come trampolino per il rancore scontato e per la meccanica della vendetta. Cosa sarebbe l’amore se non complicità e armonia di intenti? Quello che conta, alla fine, è l’apparenza: ciò che gli altri vedono o vogliono vedere, a scapito della codardia asettica e della mancanza di libertà. Perché rinnegare se stessi e i propri sentimenti, come fa Nick, produce violenza, seppur inespressa, mal agita.
Il film intreccia punti di vista contrastanti e contraddittori. Attraverso la voce fuori campo di Amy ripercorriamo la verità – una realtà fin troppo scontata e spiattellata subito, senza attesa o trepidazione – prima dalle pagine del suo finto diario in parte bruciato nel camino, poi voce indipendente che prende il sopravvento e dipana il filo della narrazione.
Ma qualcosa va comunque storto, il gioco degli incastri diventa anche perdita di suspence e di incontri armoniosi, alcune forzature nella storia la parte splatter dell’ex durante la scena di sesso è davvero gratuita e superflua – vanno a storpiare la schizofrenia narrativa e a banalizzare il film. Come un contrappasso scontato e privo di forza e vitalità.