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Una macchina per gli auguri

MSC_Lettera32

di Giovanni A. Cignoni

Una macchina da scrivere. Non è un calcolatore, né una calcolatrice, neanche un po’, ma ha una tastiera. Ed è la presenza delle tastiere sulle scrivanie che ha aperto la strada ai PC. E non solo sulle scrivanie: prima dei PC portatili erano portatili le macchine da scrivere: piccole, compatte, leggere.

L’elettronica ci ha abituato alle dimensioni minime. Non ci stupisce più e, a pensarci bene, è facile farsene una ragione: l’elettronica è una questione di elettroni che si spostano, particelle elementari fatte di nient’altro che di sé stesse, di dimensioni nulle e massa insignificante. Insomma, va da sé che non abbiano bisogno di tanto spazio.

La meccanica è un’altra cosa. Appartiene al regno del visibile e del tangibile: ingranaggi, leve e cinematismi devono avere consistenza per forza, devono toccarsi, incastrarsi, spingersi. Per questo la precisione delle lavorazioni, l’ingegno e l’eleganza dei meccanismi ridotti ai minimi termini desteranno sempre meraviglia. È la bellezza della Curta, per esempio.

Fascino che, come per le calcolatrici meccaniche, funziona anche per le macchine da scrivere portatili.
E a questo punto, qualcuno starà pensando alla Lettera 22, la portatile Olivetti del 1950.

 La Lettera 32 in un disegno di Jean-Michel Folon

La Lettera 32 in un disegno di Jean-Michel Folon

Beh, fra le macchine da scrivere Olivetti la 22 è certamente la più famosa. Ma proprio perché già nota volevamo parlare d’altro. Forse allora la MP1, la prima portatile made in Ivrea del 1932?

Nemmeno, anche perché l’avevamo già incontrata, insieme alla 22, in un’altra occasione.

Abbiamo invece in mente la Lettera 32 del 1963. La linea è sempre di Marcello Nizzoli, ma leggermente più squadrata. Le dimensioni sono un poco cresciute: circa 35×34×10 cm contro i circa 30×33×9 cm della 22. Vogliamo raccontare della 32 per due motivi.

Il primo è tutto stagionale. Walter Ballmer, collaboratore di lunga data dell’Olivetti e autore del logo che la casa di Ivrea usava negli anni ’70, disegnò con la 32 un manifesto in tema natalizio.
Per cui, intanto, auguri a tutti!

 

Il manifesto di Ballmer della Lettera 32 per il mercato americano, Natale 1964

Il manifesto di Ballmer della Lettera 32 per il mercato americano, Natale 1964

 

Il secondo motivo riguarda la meccanica. Progettati da Giuseppe Beccio, già padre della 22, i meccanismi della 32 sono per l’Olivetti il punto di arrivo, la perfezione. Olivetti continuerà a produrre altri modelli di portatili meccaniche, ma cambierà solo la carrozzeria. Il cuore della 32, praticamente inalterato, dopo Nizzoli sarà vestito da Ettore Sottsass Jr, nel 1965 la Dora e la DL, l’indimenticabile Valentine nel 1970; poi da Mario Bellini, la Lettera 25 e la Lettera 35, entrambe del 1972.
Un pensiero corre a Riccardo Musatti e a cosa scriveva sul rendere diversi i prodotti.

Abbiamo parlato delle Olivetti. Ma di belle portatili ce ne sono tante: le Remington Portable #1 (1921) e Remie Scout (1932), la Corona Four (1924), le Underwood Portable, a tre (1929) e a quattro (1931) file di tasti, la Royal Signet (1932), la Adler Favorit (1935). C’é una perfezione assoluta? Chissà.
Un miracolo di tecnologia tedesca arrivò da oltrecortina: era la Groma Gromina (1954).

 

I 29×28×6,5 cm della Groma Gromina, negli anni successivi uscì anche il modello Colibri

I 29×28×6,5 cm della Groma Gromina, negli anni successivi uscì anche il modello Colibri

 

Gli altri articoli della serie “Quattro chiacchiere sul calcolo, senza fare conti”

 

In copertina: La 32 del Museo degli Strumenti per il Calcolo, assai vissuta ma sempre in gamba

 

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Pubblicato il: 25 dicembre 2014

Argomenti: Tech

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