Lo storico della Normale critica la gestione degli scarti librari da parte delle biblioteche cittadine. Ma si tratta di procedure affatto improvvisate e la Biblioteca di storia nega in modo assoluto la cessione di prime copie
Una lettera piccata quella che il prof. Adriano Prosperi ha inviato ieri ai giornali, che tocca il tema della conservazione del patrimonio librario nelle biblioteche cittadine, in particolare quella comunale all’SMS, ma anche quella universitaria di Storia e Filosofia. Al centro delle sue accuse, la presenza in biblioteca di una serie di libri in vendita “in libera offerta a modico contributo insieme a molti altri volumi”, in quella che definisce “un’offerta natalizia, una liquidazione a prezzi stracciatissimi di ogni genere di testi, dalle lettere di Giuseppe Antonio Vogel precettore di Leopardi al teatro di Shakespeare, tutti ‘scaricati’, in umile attesa di un passante che li adotti sotto i portici di Borgo Stretto”.
Qui i libri spariscono e se ne cancella la memoria nel catalogo
Lo storico della Normale cita poi un altro esempio, quello della Biblioteca di Storia e Filosofia, dove “gli studenti e i frequentatori li trovano in libera offerta su di un palchetto d’ingresso, abbandonati, come dei poveri trovatelli. La cosa dura da qualche tempo. Qualche volta si è trattato di seconde copie. Ma poi hanno cominciato ad apparire anche opere in copia unica. Negli ultimi giorni lo scrivente ha visto così eliminate dalla Biblioteca e di conseguenza cancellate dal catalogo on-line diverse pubblicazioni di storia del Canada: studi sulle sue minoranze etniche e sulla sua economia”.
Prosperi si domanda “chi avrà deciso tutto questo?”, e aggiunge: “Chi scrive non è riuscito a sapere chi faccia queste operazioni né con quale criterio operi. Qualcuno degli addetti ha alluso genericamente ai problemi di insufficienza degli spazi. Ma è difficile credere che per recuperare spazio si ricorra a decimazioni casuali e che questo accada nel silenzio generale. Al fruitore occasionale che percepisce queste cose dall’esterno senza conoscere ragioni e criteri della selezione, appare difficile capire e giustificare quello che accade”.
Gli inglesi lo chiamano “Library Weeding”, una locuzione che evoca la potatura degli alberi, necessaria affinché crescano più rigogliosi
“Gli inglesi lo chiamano “Library Weeding”, una locuzione che evoca la potatura degli alberi, necessaria affinché crescano più rigogliosi”, fa notare una professionista del settore ribaltando lo stesso paragone usato da Prosperi. “Molti dimenticano che anche la gestione dei libri ha un costo, in termini di spazio e di manutenzione. Le acquisizioni di interi fondi in seguito a donazioni, ad esempio, sono spesso problematiche perché non sempre si tratta di collezioni omogenee e completamente aderenti all’area tematica della biblioteca. Insomma, le persone non dovrebbero dimenticare che quella del bibliotecario è una professione, non ci muoviamo improvvisando ma ci atteniamo a linee guida dettate dalle associazioni professionali”.
E se è vero che l’archivio universitario di Montacchiello ha problemi di spazio, non corrisponde al vero l’affermazione per cui verrebbero cedute gratuitamente le prime copie dei libri. Lo afferma la coordinatrice della Biblioteca di Storia e Filosofia, Cinzia Bucchioni, da noi interpellata: “Il libro citato dal prof. Prosperi, come gli è stato detto, era in catalogazione e per questo non compariva nel Metaopac”.
“Al di là del caso singolo – aggiunge – mi sembra estremamente lodevole che invece che buttare i libri al macero vengano dati in dono agli utenti, e così rimessi in circolo. Purtroppo lo spazio non è illimitato e quando parliamo di cessione ci riferiamo sempre di libri di cui abbiamo almeno due copie. Ci sono criteri che vedono coinvolto l’intero sistema bibliotecario: il primo a dire che non possiamo ricevere copie multiple è proprio l’archivio di ateneo, che ha una prospettiva di riempimento meno che decennale. Dopo di che sarà necessario costruirne un altro, e non è un’operazione banale”.
“Siamo rimasti amareggiati dalle parole del prof. Prosperi – conclude – proprio perché gli abbiamo fornito in maniera puntuale tutte le spiegazioni da lui richieste”.
Diverso infine è il discorso per la Biblioteca Comunale, dove esiste effettivamente un problema di spazi ma non di scarsa attenzione alle procedure. La struttura infatti contiene solo la collezione attuale e non è stata pensata per crescere: un problema sollevato già anni fa, quando ormai però la costruzione del nuovo edificio era in stato avanzato. E dove la biblioteca ha una funzione diversa da quella universitaria: non la conservazione infatti ma il libero accesso e la consultazione. Anche in questo caso lo scarto viene gestito attraverso criteri precisi, racchiusi nell’acronimo “SMUSI”: scorretto, informazione inattuale; mediocre, superficiale, ordinario; usato, deteriorato, di sgradevole presenza, superato; inappropriato, incoerente con la raccolta.
Faccio i complimenti agli architetti che hanno progettato la biblioteca SMS riempiendola di vetri e di spazi assurdi e inutilizzabili e dimenticandosi dei libri. Comunque se manca spazio per gli scaffali basta levare qualche tavolino dove la gente passa le giornate a giro su internet.
Cara Redazione e cara Cinzia,
trovo molto utile il lavoro di approfondimento e chiarimento che avete svolto, andando anche a interpellare gli addetti ai lavori, che giustamente esprimono il disagio di chi deve gestire un patrimonio librario fuori dall’ordinario senza avere strutture adeguate. Il problema però rimane e bisogna stare a attenti a non disperdersi nel gioco delle prese di posizioni, dei tanti esempi che contraddiranno quel che scritto Adriano Prosperi, ecc. , perché si fa un cattivo servizio a noi cittadini per primi.
Il paradosso che viviamo è che Pisa è una città che per storia e per scelta (fino a pochi anni fa) ha una ricchezza di libri unica. Tuttavia, sta diventando sempre più difficile avere accesso ai libri ed appena si esce dal seminato dei volumi più ovvi, è esperienza molto frequente per chi usa le biblioteche pisane trovarsi di fronte all’impossibilità di consultare ciò che si cerca (a volte perché c’era ma poi non c’è più…) o ad attese molto lunghe e spesso non compatibili con le esigenze di chi quei libri li usa per lavorare.
Tra archivi fuori città, nuove biblioteche troppo piccole, vecchie biblioteche storiche chiuse, il problema è sotto gli occhi di tutti e pensare che servizi come google books lo possano risolvere è sbagliato. Non investendo sulle ricchezze che già possiede, la città si sta indebolendo nei suoi settori strategici, come l’università. Personalmente, posso dire che ormai da qualche anno le biblioteche presenti a Pisa, un tempo un fiore all’occhiello, non sono più in grado di garantire un adeguato aggiornamento bibliografico a uno studioso di discipline umanistiche. Altrove, anche in Italia, non è così.
Possiamo far finta di niente, girarci dall’altra parte, e continuare a svendere libri di proprietà pubblica (perché i libri della Biblioteca Comunale sono ceduti a offerta, ma poi si trovano su internet a un prezzo considerevole). Oppure iniziare a guardare seriamente in faccia il problema e provare a discutere tutti insieme su come risolverlo.
Caro Giuseppe,
mi trovi d’accordo su quanto scrivi. Per questo mi è sembrato innanzitutto utile e giusto interpellare per primi gli addetti ai lavori, che spesso si trovano a dover gestire situazioni difficili a causa di scelte fatte altrove e da altri enti.
I problemi che tu sollevi sono seri e infatti non si possono liquidare con una critica ad un aspetto singolo della questione – i libri di scarto – come invece mi pare, purtroppo, si legga dalla lettera di Prosperi. Non ho dubbi sul fatto che Prosperi sia animato da un sincero interessamento da studioso, mi sembra però che abbia centrato male il bersaglio, e in questo hai ragione nel dire che non si fa un buon servizio ai cittadini rincorrendo le posizioni. Ed è per questo, ripeto, che intanto mi sembrava doveroso fare chiarezza sulle procedure e sulle professionalità coinvolte. Quanto al tema degli spazi e della valorizzazione del patrimonio librario, mi impegno ad approfondire quello che dici sull’aggiornamento bibliografico per gli umanisti, mentre non sono in grado di dire se vi sia stato o meno un peggioramento. Cercherò di capirlo. Infine, distinguerei le funzioni e le prospettive di una biblioteca comunale da quelle universitarie: che non ci fosse spazio di crescita per la nuova biblioteca lo scrissi la prima volta ormai 3 anni fa (più o meno), ma sento da più voci che il servizio della rete Bibliolandia funziona molto bene e sopperisce a questa mancanza. Mi sembra già una buona “contromisura”.
Cinzia
La foto dell’ingresso alla biblioteca di Storia e Filosofia è bella; e belli sono i nuovi ambienti, dove ora frotte di studenti possono sfogliare e studiare montagne di libri, servendosi direttamente, e dove invece quando ero giovane portavo l’elemosina ai sottoproletari di Pisa per una associazione di pietà; ma un giorno di novembre o dicembre che a Pisa pioveva, da quella sorta di pensilina trasparente che sovrasta l’ingresso entrava acqua nella biblioteca. Belli sono gli spazi esterni con le panchine su cui ragazzi e ragazze stanno a chiacchierare e discutere quando l’aria è tiepida, spazi che solo vent’anni fa non era possibile neanche sognare. Gentili sono gli addetti al prestito e alle informazioni e senza molte formalità mi consentono di portare libri a casa, mandandomi un cortese sollecito se oltrepasso la scadenza; ma per avere una fotocopia non serve nemmeno essere raccomandati dal padreterno. Varcata la detta bella soglia, sulla sinistra, troverete un panchetto dove sono quotidianamente depositati libri in omaggio a chi vuole. Si dice che sono i doppi, di cui l’istituzione correttamente e saggiamente si libera. Ciò non è vero, o non è sempre vero. Io ho trovato estratti con dedica di qualche studioso di cui ho ascoltato le lezioni. Ora, una unità bibliografica con dedica è un esemplare unico e deve essere non solo conservata per tutelare l’integrità della figura storica del donatore, ma deve essere per sovrappiù sottratta alla libera consultazione e concessa in lettura a condizioni che ogni biblioteca stabilisce. Ho trovato libri che avevano un ex-libris selvaggiamente strappato, per impedire che se ne appurasse la provenienza. Il giorno 13 ottobre 2014 ho trovato sul panchetto libri di antichistica tedeschi e francesi, di alto livello scientifico, che i giovanotti storici e filosofi non degnavano di attenzione. Uno di questi era: Menandrea ex papyris et membranis vetustissimis ed. A. Koerte, editio maior, Lipsiae, Teubner, 1910. Nei cataloghi on-line quest’edizione arriva a costare € 35,55, oltre alle spese di spedizione. Bene, nelle biblioteche dell’Università e nella Bibl. Universitaria quell’edizione non si trova, secondo il Metaopac, che non credo sbagli; si trova invece la seconda edizione del 1912. Quella del 1910 è bensì posseduta dalla Scuola Normale e di ciò si deve essere lieti. Ma l’edizione del 1910 gettata ai quattro venti non ha timbri né segnatura né note di possesso, ma possiede molte note personali di un lettore qualificato, che correggono, traducono, osservano, propongono persino congetture testuali. Qualche amico classicista forse dalla scrittura potrebbe identificare quel vecchio proprietario. Questo libro non è un doppione e chi lo considerasse tale è un incompetente. Questo libro è un postillato. E, come dicevano i latini, de hoc hactenus.
Provo a riassumere, magari arbitrariamente, i commenti degli amici Giuseppe Marcocci e Michele Feo. Un sistema bibliotecario è tale perché ci sono biblioteche di conservazione, biblioteche di servizio (relative per esempio ad un dipartimento universitario) e biblioteche di base o di quartiere. Le ultime hanno il volantino dell’ultimo gioco del ponte, Tex Willer, Murakami e non (necessariamente) Cesare Segre né le cinquecentine, le seconde Segre ma non Tex Willer né le cinquecentine, le prime hanno le cinquecentine, tutti i volantini di tutti i giochi del ponte e i libri fondamentali ma non settoriali. Tutte scartano, sentite le altre e con criteri specifici, perché ognuna ha la sua storia, i suoi fondi e le sue funzioni. Se una viene chiusa o scarta a caso, il sistema collassa, i libri si accumulano a caso o più spesso si perdono; pesano, sporcano, costano. Se un bibliotecario o un assessore scambia un ammasso di libri per una biblioteca, e dunque non capisce dove sta, fa danni letteralmente irreparabili, cioè che non saranno mai risarciti. E’ lui il problema, non i libri.
Chiedo scusa se riprendo la parola. Ma l’amico Bocchi esige due postille per ringraziamento. La prima è che ci siamo dimenticati che a Pisa la direttrice della Biblioteca Provinciale ha lanciato tempo fa un’idea felice, ossia l’invito ai cittadini che vogliano per loro ragioni disfarsi di libri, a non adagiarli presso i cassonetti della carta (dove io e altri abbiamo spesso trovato opere di qualche interesse), ma a donarli alla sua biblioteca: e molti hanno raccolto l’invito. La seconda è che, quando ero fresco laureato e per sopravvivere mettevo in ordine i libri della Scuola Normale, imparai da Giuseppe Billanovich, famoso professore alla Cattolica di Milano, a scambiare con la sua magnifica biblioteca i nostri volumi doppi di riviste con loro volumi doppi che a noi mancavano. Bastava (e basta) scambiarsi gli elenchi.