Grande assente alla notte degli Oscar la mutanda. Eppure a noi ragazze normali le nonne instillano da generazioni la sacra teoria della mutanda pulita e preferibilmente non sbrillentata
Ah, la notte degli Oscar. Il tappeto rosso, lo sbrilluccichio, le star, i vestiti, le macchine costose… ma… cosa vedono i miei occhi? Anzi, cosa NON vedono?
Le mutande, santo cielo, le mutande!
Uniche grandi assenti della nottata, un po’ come Obama alla marcia per Charlie Hebdo.
E proprio come Obama, responsabili di gran parte delle vicende mondiali.
Insomma, ragazze, la mutanda è un tocco non dico di sobrietà, ma almeno di igiene (mentale), dai.
L’inguine che spunta a salutare i fan è veramente una caduta di stile
Perché sì, oh, ditemi quello che vi pare, ma stare con mezza chiappa in vista e l’inguine che spunta a salutare i fan è veramente una caduta di stile. Una roba da pellai. Che proprio ti viene da dire, ecco fatto, anni e anni di lotta femminista tirati nel cesso da un mancato triangolino di cotone.
Maccheccacchio ragazze mie, ma proprio ora poi che tutti i negozi di intimo del creato vi mettono a disposizione roba ricamata, pizzettata, infraculo, rococò che a volte tocca pulire le vetrine dalla bava dei ragazzini? Eddaiperò!
A‘sto punto vieni in accappatoio, no? Che io lo dico pure per comodità
Ma dico, no, va bene che sei una ganza con qualche mania di grandezza e punti alla visibilità ad ogni costo, va bene che hai un corpo praticamente perfetto e puoi permetterti anche di andare in giro incellofanata nella pellicola Cuki, va bene che la concorrenza è tanta e dopo il vestito fatto di braciole di maiale di Lady Gaga non sappiamo più cosa inventarci… massantoddio a ‘sto punto vieni in accappatoio, no? Che io lo dico pure per comodità: c’hai comunque la farfallina all’aria e puoi giocare sul vedo-non vedo della cinghia che s’ammoscia e s’apre ogni tre minuti, non sei costretta a tirare dentro la pancia e puoi pure andare in giro col cappuccio se non hai fatto in tempo a lavarti i capelli – cosa peraltro molto plausibile, del resto se non hai avuto un attimo per metterti le mutande come avresti potuto trovare spazio per lo shampoo? – e se piove basta che tiri fuori le infradito e sei a posto.
Che poi a fare certi discorsi pare sempre di essere dei baciapile, ma al di là di tutto, sul serio, davvero una vestita come un’aragosta in pescheria è sexy?
E il fascino del cosa-c’è-sotto?
E l’attrattiva del buongusto?
Evidentemente, con buona pace degli anni Settanta e dell’inguine in modalità barba-di-Babbonatale, l’assioma “Bòna è meglio di Bella” conferma se stesso una volta di più.
Che va bene, in fondo chissenefrega. Voglio dire, finché il limite si vede, vuol dire che esiste ancora.
Ma quello che mi preoccupa davvero è questo: se tu, grambonazza che sei venuta in giro con un cincinino di tela appena appena appoggiato addosso, dico tu, figacciona semovente, se ti senti male e devi essere ricoverata, come ne esci? Che a noi ragazze normali le nonne instillano da generazioni la sacra teoria della mutanda pulita e preferibilmente non sbrillentata, “che metti che finisci all’ospedale che fai, ti fai vedere con il pannolone? E che figura MI (sic) fai fare?”.
Ecco, a te, bellona che per una motivo qualsiasi caschi per terra e finisci su un lettino, voglio lanciare un monito(r): sta’ in guardia. Ché a vederti avvolta nel retino da pesca e senza le mutande è un attimo che gli infermieri pensano che c’hai l’Alzheimer e ti sparano dritta dritta in neurologia.
Dove magari impari pure qualcosa.
Mutanda pulita, allunga la vita.
Ai posteri,
Alessia R. Terrusi