La prescrizione è un particolare modo di estinzione dei diritti, che si estinguono, infatti perché non sono stati utilizzati dal loro titolare per un certo lasso di tempo. Si tratta di un istituto nato per dare un po’ di “certezza” al diritto
Cari Lettori,
oggi con InQuadriamo il diritto parleremo della prescrizione nel diritto civile.
Con il termine prescrizione si fa riferimento a un particolare modo di estinzione dei diritti. Molti diritti si estinguono, infatti, per prescrizione, ossia perché non sono stati utilizzati dal loro titolare per un certo lasso di tempo. Si tratta di un istituto nato per dare un po’ di “certezza” al diritto: immaginate cosa potrebbe succedere se, a distanza di quarant’anni, il vostro ex compagno del liceo potesse venire a chiedervi, di punto in bianco, il risarcimento del danno che gli avete provocato quarant’anni prima rompendogli la penna stilografica. Immaginate, ancora, cosa potrebbe succedere se dopo cinquant’anni qualcuno potesse venire a chiedervi il risarcimento del danno provocato da una vostra errata manovra di parcheggio. Sarebbe il caos più totale: nessuno sarebbe più sicuro di niente e vivremmo tutti in uno stato di perenne ansia e incertezza.
Per evitare tutto ciò, il diritto ha previsto la prescrizione come modo di estinzione dei diritti. Così, ad esempio, Tizio che viene tamponato da Caio e vuole ottenere il risarcimento del danno deve agire nel termine di due anni dalla data del sinistro, perché il diritto al risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli si prescrive in due anni. Ancora, Tizio che è creditore nei confronti di Caio della somma di 1.000 euro deve chiedere il pagamento a Caio entro dieci anni dalla data in cui è stato stipulato il contratto da cui sorge il credito, perché il diritto di credito si prescrive nel termine di dieci anni. Ancora, Tizio che è titolare di un diritto di usufrutto su un determinato bene deve esercitare questo diritto entro un arco temporale di venti anni, perché il diritto di usufrutto si prescrive nel termine di venti anni.
Come avrete visto, i termini di prescrizione sono diversi a seconda del diritto che si vuol fare valere: esistono delle prescrizioni brevi (il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni, ma se il danno deriva dalla circolazione dei veicoli la prescrizione è di soli due anni), delle prescrizioni ordinarie (se la legge non prevede un termine diverso il diritto si prescrive in dieci anni) e delle prescrizioni lunghe (tutti i diritti reali, ad eccezione del diritto di proprietà, si prescrivono in venti anni). Ciò significa che chi vuole conservare un diritto nel corso del tempo deve esercitarlo prima che decorrano i termini previsti dalla legge: diversamente, il diritto si estingue e il titolare di quel diritto perde la possibilità di esercitarlo.
Cosa occorre fare, allora, in concreto per “mantenere in vita” un diritto? E’ semplice: basta esercitare questo diritto. Il titolare di un diritto di credito che voglia preservare il suo diritto non dovrà fare altro che inviare al proprio debitore una lettera con la quale gli chiede il pagamento di quanto dovuto (spesso in queste lettere si aggiunge la dicitura “tale richiesta vale quale atto formale di messa in mora e quale atto interruttivo di ogni prescrizione”). Analogamente, il titolare di un diritto di usufrutto su un determinato bene dovrà esercitare questo diritto, ad esempio coltivando il terreno o utilizzando l’immobile che gli è stato concesso in usufrutto. In questo modo, il termine di prescrizione già decorso si azzera, e la prescrizione inizia nuovamente a decorrere dalla data dell’esercizio del diritto. Così, ad esempio, se Tizio invia a Caio una lettera di messa in mora con la quale gli chiede il pagamento del credito sorto nove anni prima, il termine di prescrizione si interrompe e inizia a decorrere un nuovo periodo di prescrizione: Tizio avrà, quindi, a sua disposizione altri dieci anni per esercitare il suo diritto di credito nei confronti di Caio.
La prescrizione può essere, inoltre, interrotta anche dalla “controparte” del titolare del diritto con un atto di “riconoscimento del diritto”. Immaginate, ad esempio, Tizio che nove anni fa ha prestato a Caio 1.000 euro. Tizio omette di esercitare questo diritto, ma Caio – che non si è dimenticato del bel gesto compiuto da Tizio nei suoi confronti – gli invia una email nella quale gli dice “caro Tizio, non mi sono dimenticato di te e del fatto che ti devo ancora restituire i 1.000 euro che mi hai prestato nove anni fa. Sono ancora tuo debitore, e molto presto ti restituirò quei 1.000 euro”. In questo modo Caio interrompe il decorso della prescrizione, perché riconoscendo di essere ancora debitore di Tizio riconosce, di fatto, l’esistenza del diritto di credito di Tizio. Anche in questo caso, il termine di prescrizione si interrompe e inizia a decorrere un nuovo periodo di tempo dalla data in cui si è verificato il riconoscimento di debito.
Ovviamente, la prescrizione non si applica a tutti i diritti: il diritto alla vita, il diritto alla salute, il diritto al nome, il diritto alla libertà personale e tantissimi altri diritti della persona di natura fondamentale non sono soggetti a prescrizione perché sono talmente tanto “importanti” che non è ammissibile che possano estinguersi perché il loro titolare omette di utilizzarli. State quindi tranquilli: se negli ultimi trent’anni non avete mai messo piede dal medico, non avete più fatto le analisi del sangue, non avete fatto controlli di nessun tipo e vi siete un po’ trascurati non per questo significa che il vostro diritto alla salute si è prescritto per “non uso”!
Vi aspetto alla prossima!
Francesca Bonaccorsi