Processi troppo lunghi e giustizia troppo lenta. La condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e le novità introdotte della legge Pinto e dal programma “Strasburgo 2″
Cari Lettori,
oggi con InQuadriamo il diritto torniamo a parlare di giustizia troppo lenta e processi troppo lunghi.
Nelle precedenti “puntate” vi avevo già parlato della cosiddetta “legge Pinto” e dei rimedi che offre il nostro ordinamento per chi è vittima di giudizi interminabili (chi si fosse perso l’articolo può rileggerlo qui).
Il 2015 ha però portato due importanti novità, una a livello nazionale ed una a livello sovrannazionale.
Vediamo la prima.
Mercoledì scorso (il 14 gennaio) il Ministro della Giustizia Orlando ha presentato il programma “Strasburgo 2”, volto a “ridurre ad un anno la durata massima delle cause civili commerciali e a meno di tre anni le altre cause di primo grado dimezzando al contempo l’arretrato e dando priorità processuale alle cause di imprese e famiglie” (questo è quanto si legge sul sito internet del Ministero di Giustizia).
Il piano previsto dal Ministero ha, come obiettivo, quello di smaltire il più velocemente possibile l’arretrato giudiziario che grava nei tribunali italiani e di accelerare, al contempo, i termini di definizione delle nuove cause civili. Per realizzare questo importante obiettivo, il Ministero si è ispirato al modello organizzativo seguito dal Tribunale di Torino che, ormai da diversi anni, è considerato uno dei più efficienti d’Italia.
Il programma “Strasburgo 2” è, dunque, articolato in tre fasi.
La prima fase (che peraltro risulta già esaurita a novembre scorso) prevedeva di acquisire le statistiche aggiornate dell’arretrato giudiziario esistente mediante un vero e proprio censimento della giustizia civile.
La seconda fase (tutt’ora in corso) prevede un “azzeramento in tempi brevissimi di parte dell’arretrato, secondo il cosiddetto principio Fifo (first in, first out – cioè la prima causa che entra è la prima ad uscire)”. Secondo questo principio, dovranno essere definite entro sei mesi le cause iniziate prima del 2000 (ad oggi 86.283), mentre dovranno essere definite entro nove mesi le cause iniziate prima del 2005 (ad oggi 127.146).
La terza ed ultima fase prevede lo smaltimento dell’arretrato residuo (ossia delle cause iniziate tra il 2006 ed il 2010, che ad oggi sono 835.190) e delle ultime “giacenze infra-triennali” (ossia delle cause iniziate tra il 2011 ed il 2013, che ad oggi sono 2.692.504). In sintesi, “l’obiettivo è di portare la durata effettiva di ogni singolo processo sotto ai tre anni, tendenzialmente verso il biennio, con l’ambizione di ridurre la durata a 12 mesi (quantomeno per le cause commerciali) nel momento in cui entrerà in vigore la riforma del codice di procedura civile … per restituire slancio e vigore al settore civile, la cui pessima condizione grava da anni sul sistema economico del Paese, rallentando gli investimenti stranieri e la crescita del Pil e, al tempo stesso, esponendo lo Stato a condanne giudiziali ai sensi della legge Pinto che il Ministero delle Finanze ipotizza possano toccare i 500 milioni di euro l’anno” (così si legge sempre sul sito del Ministero).
A livello nazionale, quindi, l’intento è quello di accelerare il più possibile i tempi di definizione dei giudizi civili.
A livello internazionale (e questa è la seconda novità alla quale facevo cenno) una spinta verso la “velocizzazione” dei tempi di durata dei giudizi ci viene, invece, data dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) che, in una recentissima sentenza, ha condannato l’Italia non solo per l’eccessiva durata dei processi, ma anche per il ritardo con il quale, nel nostro Paese, sono erogati gli indennizzi per il danno da eccessiva durata di processi.
Nella sua sentenza la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, pur ammettendo “che un’amministrazione possa avere bisogno di un certo lasso di tempo per procedere a un pagamento”, ha tuttavia ricordato che, per ciò che riguarda il versamento tardivo degli indennizzi previsti dalla legge Pinto per il danno da irragionevole durata del giudizio, “questo lasso di tempo non dovrebbe in generale superare sei mesi a decorrere dalla data in cui la decisione di risarcimento è divenuta esecutiva”, senza che lo Stato possa invocare una giustificazione appellandosi alla “mancanza di risorse per non onorare un debito fondato su una decisione giudiziaria”.
La Corte ha, in particolare, rilevato che il ritardo nel versamento delle somme erogate per i danni da eccessiva durata del processo è compreso, in Italia, “tra 19 e 20 mesi dalla data del deposito alla cancelleria delle decisioni Pinto … e dunque ben superiore ai sei mesi previsti dalla giurisprudenza consolidata della Corte”. Ed è proprio per questo motivo che l’Italia è stata condannata al pagamento di un equo indennizzo aggiuntivo rispetto a quello già da anni previsto per l’eccessiva durata del giudizio in sé.
Come si suol dire: per sapere se il nuovo piano del Ministero e la nuova decisione della Corte Europea riusciranno davvero a velocizzare i tempi di risoluzione delle controversi civili … non ci resta che attendere (speriamo non troppo)!!
Vi aspetto alla prossima, non mancate!
Francesca Bonaccorsi