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ClassiQue #3

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– Che cos’è per lei la musica?
– Una punizione divina.
– E perché ha scelto proprio il clavicembalo?
– Qualcuno deve pur farlo.

Conversazione tra Gustav Leonhardt ed il pubblico nel dibattito seguito alla proiezione del film “Cronaca di Anna Magdalena Bach” al cinema Anteo di Milano – 27 settembre 1999

Unico erede maschio della Burroughs Machine Corps St. Louis Missouri, laureato a Harvard Beta Kappa 37 con ricerche postlaurea in antropologia e psicologia alla Columbia. Per gli ultimi quindici anni sono stato noto come tossicodipendente e omosessuale.
William Burroughs a Chicago Review – Da Marco Denti, William S. Burroughs, The Black Rider, Bevivino Editore, 2005.

Se Fred e Judy Vermorel hanno potuto permettersi una lunga dissertazione per tentare il paragone impossibile tra la figura di John Lydon e quella di Kate Bush, non si vede il motivo per cui non articolare il nostro personale confronto musical-letterario tra il calvinista olandese Gustav Leonhardt e l’ateo americano William Seward Burroughs.

All’interno di questa cornice dispiacerebbe molto contraddire il Sig. Leonhardt, senza dubbio uno dei massimi esponenti del mondo culturale proprio del secolo breve, nonché mito assoluto per chi scrive, ma secondo la mia tesi le variazioni Golberg di Bach sul clavicembalo, per pescare a caso nel mucchio e partire dalla genesi del tutto, fanno molta, molta fatica a risultare fruibili all’ascoltatore medio e godibili all’oreccho oltre alla seconda variazione.
Mentre sono sicuro non contraddirei affatto il Sig. Burroughs affermando la stessa cosa a proposito del suo Pasto Nudo e più nello specifico della sua tecnica di scrittura chiamata cut-up.

Per posizionare tutti i punti sulle rispettive i ci sarebbe da dire che, nel 1953, anno della prima incisione delle Golberg da parte di Leohnardt, uscire con un disco simile realizzato su di un “simil instromento” non era cosa troppo ordinaria – anzi suonava a tutti gli effetti come una vera e propria provocazione – come non lo era del resto la stessa ambizione di fare del clavicembalismo una professione possibile.

 

 

Esclusa la bellezza ed il piacere cosa ci viene alla mente sull’istante, pensando a Bach?
Chiarezza e rigore.
Il cut-up invece pare esprimere tutto il contrario, a meno che non gli si voglia conferire un certo gusto per la pratica contrappuntistica, magari non ordinata nel caso, ma in fondo sempre di diverse voci sincrone e di disarticolazione/riarticolazione del discorso siamo qui a discutere.

Il cut-up è un metodo meccanico di scrittura dove i periodi vengono letteralmente tagliati e reincollati in ordine casuale per dare al contenuto un nuovo significato. Un modo di fare letteratura che pesca a piene mani dal collage casalingo, un qualcosa di molto simile a quello che fanno i nostri Djs con le tracce audio dei dischi che fanno suonare nelle loro performance.

[…]il cut-up è per tutti, ognuno può cimentarsi…Tagliate le parole vedete come cadono. Shakespeare, Rimbaud vivono nelle loro parole. Tagliate le righe, sentirete la loro voce. I cut-up spesso si rivelano come messaggi in codice con un senso speciale per chi scompone…
In fin dei conti tutta la scrittura è un cut-up. Un collage di parole lette sentite sorprese. Cos’altro?
[…]
(“Il demone della letteratura”, William S. Burroughs, Brion Gysin – Shake edizioni)

L’esatto contrario, sembrerebbe, di tutta la pratica e la messa in opera dell’ars poetica Bachiana (e di conseguenza Leonhardtiana perché come disse qualcuno, Leonhardt è Bach) che si fonda sulla misuratezza e sulla conoscenza profonda del mezzo espressivo regolato da ferrei postulati e stringenti codici attraverso i quali tirar fuori il proprio modo ed i propri significati.

Tornando a Burroughs, la teoria sviluppata intorno a tutto questo, la famosa pseudoscience of addiction, sosteneva che l’essere umano, oltre ad essere sottoposto alla dipendenza da droghe, sesso e potere, é soggetto al controllo esercitato dal linguaggio (“the Word”), dal tempo e dallo spazio (“man’s physical existence and the mental constructs he uses to survive and adapt”), concetti che se ci pensate bene in musica, e nella musica di Bach in particolare, hanno una loro fondamentale e unicissima importanza.
In pratica droga sesso e potere controllano il corpo mentre le parole (e le immagini) controllano la mente che è costretta dentro a codici convenzionali di percezione, di pensiero e di espressione che determinano la nostra interazione con l’ambiente e con la società.

Sembra trovarsi proprio dentro a questa dicotomia la chiave d’unione di questi due uomini che nulla hanno a che spartire uno con l’altro a parte la vaga somiglianza ed il vestiario sempre impeccabile.
Ora, provate a fare tutto ciò con questo articolo e tutto vi risulterà più chiaro.
Mischiare, provare, riascoltare, rileggere, reinterpretare. Sostanzialmente quello che insegnano, o meglio quello che dovrebbero insegnare, dentro ai conservatori.

 

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Pubblicato il: 26 ottobre 2014

Argomenti: ClassiQue, Quaderni

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