Riprendiamo e pubblichiamo la riflessione e l’analisi del deputato del PD Paolo Fontanelli – La direzione Pd ha deciso: Letta lascerà il passo a Renzi– pubblicata sul suo blog, in cui commenta i risultati della direzione del Pd e la decisione di Letta di dimettersi rimettendo il mandato nelle mani del Presidente della Repubblica
La Direzione del PD ha votato a larga maggioranza un documento che chiede una nuova fase di governo. O meglio chiede a Enrico Letta di dimettersi per lasciare il passo a Renzi. Domattina Letta va dal Capo dello Stato a rimettere il mandato e poi Napolitano deciderà il percorso per il nuovo governo. Ho seguito il dibattito della Direzione su YuDem e voglio fare alcune considerazioni.
La prima è sul senso di questa decisione assunta con la repentina accellerazione degli ultimi tre giorni. Ne ho parlato nel taccuino di stamani. Era necessario sciogliere il nodo del rapporto fra il PD e il governo. Non poteva più reggere la situazione anomala di un governo guidato da una personalità del PD ma osteggiato, di fatto, dal segretario del partito. Del resto la crisi imponeva, e impone, un cambio di marcia nell’azione del governo. Quindi il problema era o rilanciare o cambiare, e questa era la scelta da fare con chiarezza così come chiesto anche da Cuperlo la settimana scorsa. Renzi e la maggioranza del PD hanno deciso per il cambiamento, modificando la posizione più volte proclamata che sarebbe andato al governo solo con le elezioni. Non è una scelta che mi entusiasma e penso sia molto ingenerosa verso Enrico Letta, ma credo, come ho scritto altre volte, che il congresso e le primarie avessero già posto il problema. E del resto per il PD era comunque necessario mettere alla prova la domanda di rinnovamento che si è espressa nelle primarie con il successo di Renzi. Dunque ora si avvia una fase nuova di cui misureremo novità e risultati. Potremo verificare la rispondenza fra le attese, le promesse e i fatti.
Fatta questa valutazione politica devo dire che ascoltando il dibattito in direzione ho trovato divertenti una serie di “arrampicate” di chi fino a 24 ore prima sosteneva che “se Renzi va al governo senza le elezioni si brucia”, oppure che si trattava di un “trappolone”, e oggi si affannava a dire che non si tratta di una manovra di palazzo ma di una sfida alta e ambiziosa per il bene del Paese. Mi è difficile non valutare la dose di ipocrisia che c’è in certe giravolte. Ma che vuoi, dicono che si tratta di un aspetto “innovativo” della politica attuale, la coerenza non va più tanto di moda.
Invece una considerazione più seria va fatta sul mutamento delle forme della politica. Due cose mi hanno colpito oggi. In primo luogo la battuta che è scappata a Renzi all’inizio della sua relazione. Ha guardato il messaggio appena arrivato sul cellulare che gli chiedeva di aspettare qualche minuto perché su La7 erano in pubblicità. Arrivava da Mentana che stava iniziando la diretta. Emblematico di una politica che ormai si è consegnata al sistema mediatico armi e bagagli. E poi proprio a quel Mentana che è stato uno dei principali promoter di Grillo alle elezioni politiche. E in secondo luogo il modo con cui si tende a concentrare il tema della risposta alla crisi e alla sua complessità economica e sociale nella individuazione di una singola figura, di un capo o di un leader, comunque lo si chiami. Il tema è quello della personalizzazione della politica e non quello dei soggetti politici necessari per tenere insieme un rapporto forte con la società. Infatti nella discussione di oggi il motivo ricorrente era il “coraggio”, la “velocità” e il “decisionismo” di Renzi come fattore decisivo e unico per cambiare l’Italia. Dei reali problemi del Paese poco o nulla, e della democrazia partecipata nessuna traccia.
Però speriamo …
Paolo Fontanelli