Karibuni goisti a questa nuova lezione. Abbiamo parlato molto dell’Asia, madre del gioco, e della nostra Europa. È giusto spendere qualche parola anche per il Go nel resto del mondo.
Cominciamo a parlare del Go nel nuovo continente.
A metà 1800 alcuni lavoratori di origine cinese, impiegati su rotte ferroviarie transcontinentali, provarono a portare il Go in nord America, ma inizialmente solo la comunità cino-americana si dedicava a questa disciplina. Solo nei primi anni del 900, grazie a un gruppo di matematici tedeschi fini conoscitori del Go, il gioco arrivò all’attenzione di tutta l’America. I meriti più grandi vanno attribuiti ad Edward Lasker, forte giocatore che, assieme al cugino Emanuel Lasker (leggendario scacchista), fu il massimo sponsor del Go negli stati uniti.
Lasker, dopo aver preso lezioni da un maestro giapponese, appena arrivato a New York incontrò alcuni giocatori nipponici in un ristorante a Greenwich e là nel 1914 fondò il New York Go club. Nello stesso anno pubblicò il libro Il Gioco del Go, uno dei primissimi scritti sul Go in lingua inglese. Questo manuale aiutò la diffusione del gioco in Canada e negli U.S.A. A fine anni 30 Edward Lasker incontrò a New York John Williams e i due lavorarono insieme per circa 15 anni.
Williams tornò in Canada nel 1959 e 11 anni dopo formò, con l’aiuto dell’Ottawa Go club, la Canadian Go association. In breve tempo molti club di Go nacquero nelle principali città canadesi e americane.
È difficile reperire delle fonti sulle origine del Go in Australia, ma grazie al lavoro compiuto circa 10 anni fa da Neville Smythe abbiamo qualche indicazione su come il gioco sia arrivato nel continente dei canguri.
È probabile che per molti anni si siano giocate numerose partite tra amici, in particolar modo all’interno delle comunità cinesi, giapponesi e coreane che abitavano nelle maggiori città australiane. Bisogna però aspettare il 1970 e l’importante figura di Kurt Flatow per avere il primo vero go club a Sidney, nato come sottogruppo del Sidney chess club. Kurt imparò il gioco in Germania, probabilmente negli anni 30, e lo introdusse ad alcuni scacchisti suoi conoscenti. Le circa sei persone che vennero attratte da questa disciplina decisero di iniziare a giocare a Go all’interno del club di scacchi.
In pochi anni il Sidney Go club riuscì a guadagnare un notevole numero di affiliati e il livello di gioco iniziò pian piano a diventare sempre più elevato, soprattutto grazie all’aiuto di alcuni uomini d’affari giapponesi che spesso si ritrovavano al club per giocare. Man mano che la conoscenza del Go riuscì a diffondersi in tutta l’Australia, non passò molto tempo che molti altri club videro la luce. Nel 1972 fu lo stesso Smythe, assieme ad un paio di diplomatici giapponesi e coreani, a creare il Canberra go club. Nel 1976 Bill Leveritt fondò il suo club a Brisbane e l’anno dopo diede il via alla fondazione della Australia Go Association. Nel 1978 nel college di St John’s College a Sidney ebbe luogo il primo campionato nazionale australiano.
Questo evento innalzò notevolmente il profilo del gioco in Australia, e fu il trampolino di lancio per un rapporto ancora più forte tra i giocatori indigeni e tutte le comunità di immigranti cinesi della nazione. Numerosi professionisti sia coreani che giapponesi hanno preso parte a tutti i campionati nazionali australiani.
Ancora più difficile è ricostruire la storia del Go in Africa. I paesi con una forte tradizione goistica sono essenzialmente 3 : Marocco, Sud Africa e Madagascar. Con ogni probabilità il gioco è stato introdotto in questi luoghi dai numerosi immigrati che vi abitano al loro interno, in special modo potremmo attribuire il merito della diffusione del go alle numerose comunità europee presenti.
Strategia e Tattica
Immagina di essere in una spiaggia affollata e di dover cercare un posto dove sistemarti con gli asciugamani tenendo conto che a breve ti raggiungeranno gli amici. Qual’è il posto che sceglierai?
Questo esercizio non ha una risposta esatta, il Go è un gioco molto complesso e stabilire quale sia la mossa migliore a questo punto del gioco è al di fuori della portata umana.
Tuttavia possiamo fare delle approssimazioni usando i principi usati finora. Abbiamo detto angoli, lati e centro quindi visto che c’è ancora potenziale sugli angoli e i lati lasciamo stare il centro. Visto che gli angoli sono più importanti dobbiamo capire qual’è il più interessante.
In alto a destra c’è solo una pietra in angolo, è quello meno sviluppato e quindi il più appetibile, è come se scegliessimo tra tante spiagge la meno affollata.
Quale direzione di approccio scegliere? Qui dobbiamo vedere quanto potenziale di sviluppo c’è dopo. Se giocassi in O17 avrei vicino le pietre nere a sinistra quindi è meglio l’altra parte, adesso di questa spiaggia abbiamo scelto la zona più libera. Ora dipende dai gusti, A mira a prendere o ridurre l’angolo mentre B occupa un punto strategico con diversi sviluppi.
Con A scegliamo un posto vicino al mare mentre con B dobbiamo camminare un po’ di più ma abbiamo più spazio per i nostri amici. Ci sono anche altre opzioni valide che con il tempo riuscirai a vedere
Veniamo dunque ai joseki, questa parola significa letteralmente sequenze prestabilite e sono appunto sequenze di mosse solitamente in angolo che, a parere di professionisti, mantengono l’equilibrio del gioco. Ne esistono a migliaia e hanno anche molte sotto sequenze, nessun essere umano li conosce tutti ed essendo appunto valutazioni umane sono soggetti a cambiamenti(spesso perdendo lo status stesso dijoseki). A noi non interessa impararli tutti ma di capirne l’essenza! Vediamo il joseki più semplice in assoluto:
Prima di procedere apriamo una piccola parentesi su 2 concetti molto importanti: territorio e influenza. Mentre sappiamo già cos’è il territorio, potremmo definire l’influenza come il potenziale che hanno le pietre verso l’esterno.
Bisogna che ci sia un equità tra territorio e influenza. Un joseki è tale se il territorio e l’influenza di Nero compensa il territorio e l’influenza di bianco.
È questa la cosa principale da valutare quando si fa una sequenza in angolo. Sbizzarritevi quindi a trovare nuove sequenze e vedere se è possibile considerarle joseki.
L’ultima cosa che diciamo sui joseki è che sono equi localmente. Questo vuol dire che a seconda della situazione globale alcuni joseki saranno migliori di altri.
Un compito un po’ difficile per la prossima volta:
Come al solito, se sarai il primo a inviarci un’email (redazione@paginaq.it) con tutte le risposte esatte, ti offriremo una birra all’Orzo Bruno questa sera stessa! A proposito, ci incontriamo ogni lunedì sera all’Orzo Bruno, e ogni giovedì sera al Tetraktis, sempre dalle 21:30 in poi. Vieni a trovarci!