Hanno fatto tutti richiesta di asilo i 40 profughi ospitati alla Piaggerta di San Rossore. E da domani saranno tutti liberi di muoversi sul territorio: la Questura ha infatti già rilasciato 35 permessi di soggiorno temporaneo e i 5 mancanti arriveranno domani mattina.
Provengono prevalentemente dal Mali (36 di loro) e non dal Senegal (da cui ne arrivano 2) come era stato detto in un primo momento, mentre altri due dei profughi arrivati a Pisa il 21 marzo scorso provengono dalla Guinea Equatoriale e dalla Guinea-Bissau.
Sono giovani, l’età media si aggira intorno a i 25 anni, in alcuni casi giovanissimi, fra di loro un ragazzo minorenne che ha affrontato il viaggio con il fratello. Per lui è stata avanzata richiesta al giudice tutelare di affidarne la tutela al fratello, maggiorenne. Al momento otto di loro sarebbero intenzionati a lasciare Pisa il prima possibile per raggiungere alcuni i parenti in Francia, altri in Sardegna e Piemonte. Dalla prossima settimana verranno raccolte le decisioni finali, a quel punto, per coloro che ribadiranno l’intenzione di partire, sarà organizzato il viaggio.
Sempre dalla prossima settimana i 40 profughi cominceranno ad essere accompagnati in città dagli operatori dell’Arci, per fargli prendere dimestichezza e conoscenza del territorio. E se in teoria niente gli impedirà di muoversi liberamente, l’ostacolo è costituito dalla lontananza della Piaggerta dal centro abitato: dalla struttura alla prima fermata dell’autobus ci sono 6 km. Per cercare di facilitare un po’ gli spostamenti l’assessore Sandra Capuzzi, attraverso David Gay, assessore alla mobilità, ha chiesto a Pisamo di mettere a disposizione delle biciclette per i ragazzi.
Improbabile che si giunga in tempi rapidi a una sistemazione meno scomoda e più consona, la disponibilità di alloggi scarseggia e molte delle abitazioni che potrebbero essere disponibili hanno bisogno di lavori di risistemazione, che ovviamente richiedono, non solo soldi, ma anche tempo. Ad essere individuate al momento sono alcune soluzioni dislocate nel territorio provinciale. Un appartamento a Montecatini Val di Cecina, uno nell’area abitata del parco, uno a Marciana (Cascina) disponibile dopo la Pasqua. Al vaglio anche altri due appartamenti, uno di proprietà dell’Università e uno della Provincia, che però appunto necessitano di altri lavori.
Lunedì mattina si terrà un nuovo incontro in Provincia con tutti i comuni per fare un ulteriore punto della situazione e vagliare nuovamente le disponibilità. Perché la necessità di ricollocare i 40 profughi viene dalla necessità di agevolare i loro spostamenti e quindi la loro interazione con la popolazione, ma anche dall’esigenza espressa da Paim di rientrare nella disponibilità della Piaggerta, destinata a un progetto di accoglienza per “persone speciali” e le loro famiglie.
La verità, sottolinea l’assessore Capuzzi – è che si continua a gestire in regime di emergenza un fenomeno che è ormai ordinario, rendendo così difficile mettere in pratica un modello di accoglienza diffusa”. Il territorio è saturo, spiega Capuzzi “non abbiamo più disponibilità di strutture e di spazi adatti per accogliere nuovi arrivi”. In realtà nel territorio della Regione sono disponibili 300 posti Sprarr ma “con una circolare il Ministero ha stabilito che non possono essere usati per gestire questi arrivi”.
Il problema più urgente è la necessità di rispondere a una domanda “Cosa accadrà a queste 40 persone quando il 30 gennaio scadrà la convenzione firmata in Prefettura e predisposta dal Ministero?”. A quel punto infatti a chiedersi saranno anche le porte della Piaggerta e nel frattempo le risposte sulle richieste di asilo potrebbero non essere ancora arrivate: le commissioni che si occupano di vagliare le richieste infatti hanno tempi di risposta difficilmente inferiori ai sei mesi.
Un’ipotesi, spiega la dottoressa Marzia Tanini della Società della Salute “è che il Ministero, restando in stretto contatto con le commissioni, decida, se queste non si saranno ancora espresse, di prorogare la convenzione”. Ma certo viaggiare su ipotesi non è il massimo.
Da queste criticità nasce una proposta: l’istituzione di un tavolo regionale permanente sul tema, coordinato dall’assessorato competente, a cui collaborino, insieme alle prefetture, le associazioni di volontariato e quelle che si occupano di temi sociali. “Un modo – spiega Capuzzi – per rispondere in modo adeguato ai flussi ordinari”. Un tavolo a cui affiancare “un’unità di crisi per gestire le emergenze là dove si presentino”.
Insieme a questo, il potenziamento e l’allargamento del sistema del progetto Sprarr che “si è dimostrato l’unico credibile per dare una risposta in termini di accoglienza e di integrazione”, sostengono Sandra Capuzzi e Gaetano Spagnuolo dell’Arci. Consentendo una programmazione che se in termini economici è pressoché equivalente alla “gestione emergenziale” (circa 30 euro al giorno per persona), consente di strutturare e agevolare la permanenza sul territorio con reali prospettive di inserimento.
Senza tralasciare il fatto che le convenzione ha due criticità non irrilevanti. La prima è la durata: “Tre mesi in caso come quello dei profughi ospitati alla Piaggerta – spiega la dott.ssa Tanini – sono un tempo irrisorio per programmare un percorso minimo di integrazione. Molti di loro parlano solo Bambara e una percentuale consistente è priva di alfabetizzazione”.
L’altro punto critico è la standardizzazione della convenzione, che non tiene minimamente conto dei territori che ricevono, della composizione familiare, della provenienza dei profughi.