Brighton 1964 – i celebri scontri tra rockers a mods, raccontati nel film Quadrophenia.
Londra, Pasqua 2014 – Modstock, quattro giorni di eventi, musicali ma non solo, per celebrare alla grande 50 anni di cultura mod.
Nel programma c’è un pisano, un dj misterioso: Carlo Sesto.
Mi si presenta con un giaccone apparentemente sporco.
– E’ fango finto- mi dice e si leva il giaccone per mostrarmi l’interno, dove campeggia il volto di Steve McQueen -è un capo speciale, non l’ho mai lavato, le macchie finte danno il benvenuto a quelle vere e il gioco è fatto.
– Il giaccone giusto per un personaggio di culto?
-Cosa culto dici?-
– Dicevo che nel tuo caso la musica, più che della passione, sembra assumere gli epici connotati della missione in solitaria.
– Io non ne voglio sapere di culti, ti potrei scalare la top ten dell’anticlericalismo in pochi secondi.
– Ok, niente culti allora. Però spiegaci come hai fatto ad arrivare a mettere i dischi in una storia grossa come quella di Londra della prossima settimana.
– It’s a long way to the top if you want rock and roll. Sono molti anni che colleziono dischi, i 45 giri di psichedelia inglese fine anni sessanta sono il mio pane quotidiano, soprattutto roba fuori commercio che usavano nelle radio. Ho fatto girare i dischi in Germania, in Inghilterra, a Chicago e in Spagna, sempre in situazioni mod-oriented, locali storici come il Mousetrap a Londra o festival come l’Euroyeye di Gijon. Mi sono intrippato di questa musica in un’epoca lontana, quando internet non c’era, e non bastavano una paccata di migliaia di euro, una carta di credito elettronica, una connessione veloce e i consigli di qualche amico, (che si atteggia a espertone del settore e nel frattempo ti vende i dischi sotto falso nome), per farsi una discografia decente. La ricerca era sul campo, contatti umani, negozi di dischi, serate, concerti, tanti personaggi-leggenda con cui mi sono fatto delle sane risate. Non che io la rete non la usi, con la rete ci lavoro con i dischi e anche con i vestiti.
– In Italia invece, nulla?
– In Italia non metto dischi dal 2004. Musicalmente da queste parti vivo nell’isolazionismo più assoluto. Però a volte nelle serate metto un pezzo dei Corvi, Sospesa a un Filo, l’originale è degli Electric Prunes ma i Corvi la fanno quasi meglio. Coltivo relazioni con l’estero, amicizie nate nei viaggi che ho fatto e nei periodi che ho vissuto a Londra. Senza la musica che mi piace torno alla mia condizione base di misantropo anti-sociale, credo di essere affetto dalla sindrome di Asperger e ti dirò, non è che mi dispiaccia così tanto.
– Perché non sei rimasto a Londra?
– A Londra la gente è molto money-focused. Tutti fissati sui soldi, puoi morirgli accanto e loro non si degnano nemmeno di chiamare i soccorsi. Ma ci sono anche aspetti molto positivi, io ho fondato la mia etichetta discografica con un paio di telefonate e sto ultimando la mia prima compilation con materiale rarissimo recuperato non vi dico dove. A Londra vendevo le t-shirts che produco al mercato di Portobello e potevo decidere il giorno prima se andare o non andare. Mi considero un micro-imprenditore con solide radici etiche.
– Pisa come la vedi?
– La vedo dallo scooter.
– Cosa significa essere mod per Carlo Sesto?
– Direi soprattutto individualismo e libertà. Mod is a life sentence.
www.thefishsoupcompany.com
www.etsy.com/shop/CASBAHCANDY
www.newuntouchables.com/modstock/
Ico Gattai