The Outpost è il magazine delle possibilità. Nasce con questo sottotitolo e questo spirito nel settembre del 2012 da un progetto di Ibrahim Nehme a Beirut, sull’onda di quella grande stagione delle possibilità che è stata in origine la Primavera araba. Possibilità e storie, rigorosamente narrate, come vuole la scelta editoriale su cui si fonda la rivista quadrimestrale in inglese che parla – anzi, fa parlare, i 22 paesi del mondo arabo.
Nei giorni scorsi è venuto a trovarci in redazione Alberto Mucci, assistent editor della rivista. Alberto è giovane, ha studiato tra Europa e Stati Uniti per poi arrivare in Libano dove ha vissuto per circa un anno dedicandosi a questa iniziativa editoriale. Ed è proprio lui a spiegarci di come The Outpost offra giornalismo narrativo raccontando storie di coraggio e iniziative dal basso senza cadere nella retorica “del racconto dal basso”.
“The Outpost si rivolge ad un mondo giovane qual è quello panarabo, dove il 50% della popolazione ha meno di 50 anni e coglie a pieno il concetto di possibilità. Le notizie rimbalzano più velocemente in un contesto in cui l’età media è così bassa, ma anche le idee, i progetti, hanno una diffusione più facile e si avverte un gran bisogno di parlarne”, dice.
We are the makers of our own stories – Ibrahim Nehme
Racconti dal basso, dicevamo: “Ci interessano le storie che hanno un impatto sociale forte e che vengano davvero dal territorio”. Motivo per cui non compaiono né partiti, né ONG o associazioni internazionali, “per evitare la solita “egemonia” culturale delle narrazioni occidentali del mondo arabo. Per la stessa ragione tutti gli autori e le autrici sono arabi: la narrazione deve arrivare da loro, non dall’esterno”.
Oltre al racconto, The Outpost propone infografiche, recensioni, panoramiche sugli altri media e ad ogni numero è allegato un progetto artistico. Nel numero attuale c’è un progetto grafico dell’artista Joan Baz che si intitola “Conta fino a 10 – Sono andata a cercare la Palestina e ho trovato”.
La rivista si può acquistare online. Anche il Guardian ne ha parlato in termini molto positivi sottolineando il coraggio di fondare un magazine cartaceo in un momento in cui la carta stampata è data per morta ad ogni angolo. Ha ragione: la rivista ha una grafica elegante e accurata, l’oggetto-rivista è bello da sfogliarsi e i contenuti – che quelli di Outpost preferiscono chiamare narrazioni – sono di qualità.
Il paese in cui è letta di più è la Germania e forse non è un caso: il mondo arabo “è sexy” come dice Alberto, se ne parla tantissimo con una tensione fra rafforzamento degli stereotipi e desiderio di conoscenza; The Outpost è una grande risorsa per chi si sente spinto dalla seconda.
I collaboratori lavorano a distanza mentre la redazione centrale ha sede a Beirut, in uno spazio che ospita l’ufficio e a breve una caffetteria.
The Outpost Magazine – Crowd funding from Karim Kassem on Vimeo.