Questa è la prima di tre pagine di vita vissuta, perché (ed è una banalità) volendo parlare di come si fanno i videogiochi, non esistono rimpiazzi per l’esperienza. Nella migliore tradizione dei siti per sviluppatori, ecco un post mortem, ovvero un breve rapporto nel quale si ripercorre la storia della realizzazione di un gioco, e dove il racconto di ciò che non è andato proprio a meraviglia può essere più interessante di ogni trionfale traguardo.
Se oggi a parlarvi di ciò è un dottore in Lettere, non credo si debba tanto ad una mia particolare abilità scrittoria, quanto al fatto che di media gli sviluppatori (quelli veri) sono gente onanistica e introversa. C’è infatti tutta una storia dello sviluppo dei videogiochi nel pisano ancora da tracciare, e quindi un mucchio di gente che in questo senso non sta aiutando! Ogni intervento che possa sanare questa indicibile mancanza sarà naturalmente ben accetto su queste pagine.
La mia prima collaborazione con Colin Fuller e la sua Quikding LLC (già QUIMDUNG) di New York risale ad un paio d’anni fa, quando ero un gioiane di belle speranze: assoldato casualmente per promuovere l’ultimo gioco di Colin presso un forum di discussione, decisi di buttarmi e contestualmente gli mandai un ridotto portfolio di schizzi a matita. Fu presto amore, anche perché col canadese v’era unità d’intenti e soprattutto di passioni.
Gli anni passati dall’oltreoceanico Fuller a impratichirsi su Multimedia Fusion (ci torneremo su, basti per adesso sapere che è l’erede de La Fabbrica dei Giochi, uno dei più diffusi programmi a consentire la creazione rapida di giochi senza competenze particolari di programmazione) facevano già realizzare a lui e al suo socio britannico GHXYK2 le prime bizzarre visioni (Bonkey Trek, Four Winds Fantasy), anche su Xbox 360 e su dispositivi mobili. La volontà di aggredire quest’ultimo mercato si scontrava, però, col nostro amore per sistemi di controllo più tradizionali.
Decisi di aggirare il problema e, certo d’interpretare lo spirito della ditta, proposi a Colin d’immaginarsi un improbabile clone del Game Boy, risalente al tempo in cui gl’imbarazzanti Gamate e Mega Duck passavano dai nostri lidi ad infinocchiare genitori disperati. Così è nato GAMEDOG, un’app gratuita per iOS, Windows Phone e Android che era tutto un alibi per fare tranquillamente schifo, con la sua grafica in toni di grigio e gli effetti sonori fatti con la bocca. Col senno di poi, la croce direzionale e i pulsanti su schermo hanno dimostrato essere di un ragguardevole percentile rispetto alla concorrenza, ma questa è un’altra storia.
Sin dall’inizio, uno degli obiettivi del progetto (a parte far soldi, cosa che proprio non è riuscita) era quello di attirare sulla piattaforma altri autori, portandoli per la prima volta sugli schermi di uno smaffo, e qui i meravigliosi Magicdweedoo (Kevin Rudd Farming Generations, Bad Smell) e thecatamites (Space Funeral, Goblet Grotto) non si sono certo fatti pregare. Averci collaborato è ancora una delle mie più grandi soddisfazioni, e grazie a loro, dai cinque minigiochi iniziali siamo passati agli attuali tredici. Eccoli di seguito:
Doo Doo Pop – The Rensa Chronicles nasce dalla passione di Colin per i rompicapi alla Puyo Puyo, ma prevede solo tre tipi di pezzi e la necessità di realizzare combinazioni a cascata sempre più grandi per proseguire; è solo un abbozzo e il suo pozzo è assai ridotto rispetto a Tetris.
Aero DruHit fa bella mostra di sé nella maggior parte degli screenshot: è uno sparatutto orizzontale generato casualmente dove per fare punti basta rimanere in vita, cosa non facilissima. Probabilmente il miglior gioco del lotto in senso stretto, soprattutto ora che, rispetto alla versione iniziale, la grafica è stata completamente rifatta (e come!) dal portoghese Decinoge…
Con Girl Cube thecatamites mette a punto una sorta di simulatore di appuntamenti che non va da nessuna parte, a sottolineare il suo imbarazzo verso il genere. A questo punto il carattere maledetto della console era ben chiaro a noi e ai giocatori.
Speedophiles, dono di GHXYK2 è un gioco di piattaforme a tempo con morti istantanee, superfici ridotte e salti con una diagonale rigidissima. Dura solo un paio di livelli, ma finirlo è prova di notevole stoicismo.
Hockey Lords – Rink’s Awakening è una partita completamente automatizzata di questo affascinante sport, in cui dagli spalti potete sparare ai giocatori della squadra avversaria sperando che i vostri vadano in porta. Educativo anzichenò.
Magic Wand, secondo contributo di thecatamites, va giocato per essere compreso a fondo, e auguri a chi ci riuscirà.
Darbik Snake è Snake, punto e basta.
Il bisogno pressante di un gioco di ruolo ci ha portati a includere Believer’s Beliefs, che però è una brevissima avventura. Il fondale sfarfalla un po’, e potrebbe essere indigesto agli occhi di qualcuno. Abbiamo provato in ogni modo a correggerlo, anche facendone uno alternativo. Non c’è stato verso.
Magicdweedoo è l’autore di Mermaid’s Racers, un gioco di guida dove bisogna raccogliere monetine sulla carreggiata, senza impattare contro gli altri autoveicoli.
In Devil’s Road una statuetta ambita dai registi di tutto il mondo percorre un fondale nero alla ricerca di pecunia, dovendo sfuggire altresì alle grinfie di numerosi demoni. Così, tanto per spingere il pedale sul surreale.
New Free Holder vede il giocatore fare due partite di Breakout allo stesso tempo, una in orizzontale e una in verticale. C’erano giunte numerose richieste di persone che desideravano sviluppare un intrigante strabismo di Venere, e speriamo di averle così accontentate.
Chiudono la lista Norbert’s Orbs e Petrol Zone, cloni di Sokoban e Pac–Man rispettivamente, buoni per arrotondare ma certo non tra i più innovativi del lotto.
Non male per un’app nata per caso, con pochissime pretese, e che disorienta ancora molti col suo tasto START che in realtà serve a resettarla. Doveva esserci anche un mio gioco d’avventura (il fantomatico horror Last Night for Linda) ma non ho ancora avuto la pazienza di mettermi a imparare Multimedia Fusion. In compenso, per l’uscita del gioco mi peritai di approntare una réclame in tono con tutta l’operazione, qualcosa che sembrasse saltato fuori da una rivista di settore dei primi Novanta.
Cos’è andato bene? Gamedog, estremamente immediato e senza fronzoli, è ancora una delle applicazioni più gettonate di Quikding: più di diecimila persone se lo sono inflitto. Realizzarlo è stata una vera pacchia, e mi ha permesso di conoscere meglio autori indipendenti al fulmicotone. Entusiasmi a parte, è un gioco vecchio stampo, magari non di qualità strabiliante, ma che rispetta il tuo tempo come pochi altri fanno, su piattaforma mobile.
Cos’è andato storto? Non abbiamo potuto perfezionarlo, né farne una versione per browser! Ovviamente c’erano anche progetti per un seguito più elaborato, ma è tutto naufragato con la fine della mia collaborazione con Quikding. Per saperne di più, dovrete attendere qualche settimana…
Tommaso Mongelli
www.fandonia.net