Il Teatro Rossi Aperto spegne due candeline. Era l’alba del 27 settembre 2012 quando un piccolo gruppo di studenti e lavoratori dello spettacolo entrava nel vecchio Teatro Rossi, in piazza Carrara, chiuso dal 1966. “Vogliamo riaccendere i riflettori su un luogo simbolo e su quella che è la gestione degli spazi culturali della città” spiegava il comunicato. Nel frattempo i riflettori si sono riaccesi, la gestione pubblica dei luoghi della cultura continua a suscitare critiche e quelli del TRA sono ancora considerati occupanti della struttura di proprietà demaniale.. Oltre a festeggiare con 4 giorni di eventi e spettacoli, il Teatro Rossi Aperto rilancia l’appello all’amministrazione comunale per capire cosa è disposta a fare.
In questi due anni il teatro di piazza Carrara ha dato il suo contributo alla produzione culturale cittadina, concedendo spazio a compagnie ed artisti emergenti, impegnandosi per una programmazione di qualità a prezzi accessibili. “Cerchiamo di sperimentare – spiega Enrico Gullo, che fa parte dell’organizzazione – siamo alla ricerca di un modello capace di funzionare e che permetta di realizzare spettacoli a basso costo e senza spreco di risorse”. Dietro il TRA c’è una rivendicazione politica legata alla pratica della gestione dal basso e all’ondata di occupazioni dei teatri italiani che a partire dal Valle di Roma ha caratterizzato l’estate 2012. “Questo non significa che non siamo disposti a dialogare con le istituzioni” fanno sapere dal Rossi, “ma il teatro è un luogo pubblico e deve essere messo a disposizione della città”.
Il 24 settembre i rappresentanti del TRA incontreranno il sindaco Marco Filippeschi, per fare il punto della situazione e per capire se effettivamente c’è la volontà di intervenire. Nei mesi che hanno seguito l’ingresso degli attivisti nel teatro si è snodata una lunga trattativa con Comune e Soprintendenza (che gestisce il Rossi dal 1981), a inizio 2014 la soluzione sembrava essere trovata intorno al progetto presentato dal TRA: un recupero a lotti successivi (la struttura è estremamente degradata) finanziato da una partecipazione pubblico-privato, magari attraverso il crowdfunding, e l’apertura di un percorso partecipativo per pensare alla gestione. L’opzione però non piace alla nuova Soprintendente alle belle arti di Pisa, Paola Raffaella David, subentrata nel frattempo all’architetto Giuseppe Stolfi.
A luglio la trattativa subisce una brusca frenata, la Soprintendente non approva la cessione del bene a quelli che considera occupanti illegittimi, minaccia lo sgombero e passa la palla al Comune, che deve provvedere al recupero, affidarlo con gara pubblica e riconsegnarlo in seguito alla Soprintendenza. All’amministrazione questa opzione non piace, quindi per adesso il Teatro Rossi resta formalmente inagibile e il progetto di messa a norma degli spazi attualmente usati – foyer, platea e primo ordine di palchi – preparato da un gruppo tecnico del TRA, resta nel cassetto. “Il problema è che ci sono delle difficoltà nette nella gestione del patrimonio edilizio pubblico” afferma Enrico Gullo, “negli anni si sono sprecati tanti soldi, basta citare l’esempio del teatro di Calambrone, per il quale sono stati stanziati 1.300.000 € e ad oggi l’unico spettacolo è stato quello dell’inaugurazione”.
Oltre ad essere un edificio pubblico il Teatro Rossi ha un grande valore artistico, e la gestione dei beni culturali a Pisa è al centro di pesanti polemiche negli ultimi mesi. “Vogliamo sapere se a fronte degli oltre 33 milioni di euro spesi negli ultimi anni dal Comune in progetti culturali c’è qualcosa anche per il Teatro Rossi – dice Enrico Gullo – e questo a prescindere di ciò che dice la Soprintendenza“. In piazza Carrara non mollano, ma intanto festeggiano.