Il film ha compiuto quest’anno 20 anni e in un recente sondaggio è ancora considerato dai neozelandesi stessi il più bel film neozelandese di tutti i tempi. E’ un dato che mi ha colpito, perché Once were warriors non dà certo una bella immagine della Nuova Zelanda e del suo popolo Maori. Mi ha colpito anche perché ho pensato a tutte quelle volte che un film italiano particolarmente apprezzato all’estero veniva aspramente criticato dai nostri politici di turno perché dava una pessima immagine dell’Italia; se non ricordo male fu detto anche di La Grande Bellezza.
Sono stata quindi restia a inserire Once were warriors in questa lista di film sulla violenza sulle donne, proprio per questo senso di protezione che ho verso la Nuova Zelanda; però poi sono andata in rete a cercare informazioni ed è tutta una celebrazione per il ventennale di questo film. I neozelandesi ce l’hanno questo vizio di celebrare qualsiasi cosa.
Once were warriors è un film molto duro. Prima che fosse proiettato in uno degli svariati festival a cui ha partecipato nel 1994 quando uscì, il regista Lee Tamahori avverte il pubblico delle molte violenze rappresentate nel film ma chiede agli spettatori anche di aver fiducia e di guardarlo tutto fino alla fine per capire il contesto in cui gli eventi avvengono. E per buona parte del film lo spettatore non può fare a meno di pensare che i Maori siano soltano dediti a bere galloni e galloni di birra e a dare sfogo alla violenza soprattutto sotto l’effetto di quei galloni di birra. E’ solo verso la fine del film che un’altra anima maori entra in scena. Così Once were warriors non è più il film sulla violenza dei Maori neozelandesi, ma soltano un film sul binomio alcool/violenza e sulla violenza domestica. Once were warriors non è più il film che mette in cattiva luce la Nuova Zelanda e i Maori, ma un film che racconta un problema che è mondiale. Casomai, se vogliamo andare sullo specifico possiamo parlare della difficile integrazione tra conolizzatori e popoli locali (non solo maori, ma indiani d’America, aborigeni australiani, etc).
E’ un film complesso, Once were warriors, e bello: sono d’accordo con i neozelandesi – anche se, ammettiamolo, la cinematografia neozelandese non è particolarmente ampia. E’ tratto da un romanzo scritto da Alan Duff (anche lui come il regista e come praticamente tutto il cast, di origine almeno in parte maori) e che racconta soprattutto il punto di vista di Jake, il marito violento (Temuera Morrison). Nella trasposizione a film, il regista sceglie invece di raccontare la storia seguendo Beth, la moglie (Rena Owen). I due attori sono straordinari, come tutto il resto del cast. Alcuni attori erano al loro primo film, alcuni non ne hanno fatti più, come Mamaengaroa Ker-Bell, incredibile interprete di Grace, la figlia maggiore della coppia.
E’ vero, Once were warriors rimane nella memoria dello spettatore soprattutto per la violenza; è vero che è pesante da guardare. Ma è anche vero che è un gran bel film. Ed è vero che l’argomento non è dei più semplici. E a novembre ci sono cinque Cactus.