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A rischio 30mila posti di lavoro, scioperano i bancari: “Recuperare la funzione sociale della banca”

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A dare il via alla mobilitazione la decisione unilaterale dell’Associazione bancaria italiana di disdire i contratti collettivi nazionali di lavoro. Nella Provincia di Pisa sono circa 2500 gli impiegati del settore


Contratto nazionale, l’annuncio di 30 mila esuberi e la costruzione un modello di banca diverso, capace di essere al servizio del rilancio economico del paese. Questi i temi al centro dello sciopero nazionale indetto per l’intera giornata di venerdì 30 gennaio dalle organizzazioni sindacali del credito, Dircredito, Fabi, Fiba – Cisl, Fisac – Cgil, Sinfub, Ugl Credito, Uilca, Unità Sindacale.

A dare il via alla mobilitazione la decisione unilaterale di ABI (Associazione bancaria italiana) di disdire e successivamente disapplicare i contratti collettivi nazionali di lavoro. Una disdetta, spiegano i sindacati, alla quale è seguito l’annuncio, sempre da parte di ABI, di circa 30 mila esuberi in tutto il settore, “conseguenti a riorganizzazioni già avviate, tese a tagliare il costo del lavoro ridimensionando la rete distributiva, la qualità del servizio alla clientela, accentrando ogni processo di erogazione del credito e allontanando i centri decisionali dai territori”. Una situazione che assume aspetti di forte criticità anche in Toscana. Nella Provincia di Pisa sono infatti circa 2500 gli impiegati del settore.

“Quasi tutti gli istituti bancari – spiega Andrea Monti di Fisac Cigl – sono stati fagocitati dai grandi gruppi del nord e le poche banche ancora autonome non attraversano un momento felice. I risparmi toscani se non finiscono in complicati prodotti finanziari vengono investiti dai grandi gruppi nelle economie del nord Italia e lasciano il nostro territorio rendendo l’accesso al credito ancora più difficoltoso che altrove”.

Esuberi e disdetta del contratti che per il momento non riguardano le banche di credito cooperativo che non fanno capo ad ABI ma a Federcasse. “Anche se”, spiegano i sindacati, “è immaginabile che queste decisioni, se confermate, si ripercuoteranno anche su di loro, dato che di norma Federcasse tende a seguire la strada tracciata da ABI”.

Quello che lamentano i sindacati è il tentativo di far pagare alla categoria dei bancari le colpe dei dirigenti. Disdire e disapplicare il contratto nazionale significa andare verso una contrattazione singola da svolgersi in azienda che, data l’attuale situazione economica, “si svolgerà al ribasso, erodendo diritti e salario”, sottolinea Francesco Procacci di Uilca.

“I rapporti clientelari della classe dirigente hanno caricato i bilanci delle banche di ingenti crediti deteriorati – dice ancora Andrea Monti – quasi nessuno ha pagato per le proprie colpe, gran parte del gruppo dirigente continua a sedere negli stessi ruoli apicali, con stipendi milionari mediamente raddoppiati nell’ultimo decennio (per un top manager si parla di compensi annuali che arrivano ai 3,7 milioni di euro)”.

“Di fronte alla crescita esponenziale del credito problematico, alla crisi economica e alle pesanti restrizioni imposte dalle autorità europee, quegli stessi dirigenti hanno scelto di tagliare i costi e comprimere decisamente l’offerta di credito nel nostro paese. Questo fenomeno, comunemente conosciuto come credit crunch è causa non certo marginale della crisi economica che non accenna a passare”.

Accanto alla legittima difesa del posto di lavoro e della capacità di acquisto, la mobilitazione di venerdì pone l’accento sulla trasformazione che le banche hanno avuto in questi anni, durante i quali hanno rinunciato per lo più a svolgere una funzione sociale.

“Le banche rinunciano troppo spesso a raccogliere risparmio da reinvestire nelle aziende e nelle famiglie del territorio per proporre ai risparmiatori forme di investimento finanziario, spesso ad alto rischio. I prodotti potenzialmente tossici non sono usciti dai menu à la carte delle aziende del settore. E anche gli ingenti fondi della BCE, destinati fin dai tempi del governo Monti al sostegno dell’economia finanziando il credito bancario, sono stati usati dalle banche in gran parte per acquistare il debito pubblico italiano e lucrare sulla differenza di prezzo, gravando sui contribuenti senza rischiare nulla, lasciando imprenditori e cittadini all’asciutto”.

Ciò che i bancari chiedono con questa mobilitazioni è che le banche siano motore del rilancio economico attraverso il ritorno al ruolo sociale del credito che è quello di raccogliere risparmio e restituirlo sul territorio in forma di finanziamenti. “Vogliamo tutelare l’aspetto etico e morale della banca” spiega Mauro Pertici della FABI. “Chiediamo che il credito raccolto nel territorio sia riversato sul territorio a sostegno delle piccole e medie imprese” afferma Pierluigi Masi di Fiba Cisl.

Tre le manifestazioni nazionali che si svolgeranno in Italia venerdì, a Milano, Ravenna, Roma e Palermo. Accanto ai bancari ci saranno anche i segretari delle confederazioni sindacali per manifestare il pieno sostegno alla mobilitazione.

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Pubblicato il: 28 gennaio 2015

Argomenti: Economia-Lavoro

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