Oltre 500 mila rom e sinti sono stati sterminati nei campi di concentramento, perché ritenuti una deviazione della razza ariana. Una persecuzione razziale in cui l’Italia non mancò di fare la propria parte
Sono certamente quelli che in termini numerici hanno pagato più a caro prezzo la politica di sterminio nazifascista: 6 milioni di ebrei che morirono nei campi di concentramento nazisti. Con loro perseguitati per motivi politici, Testimoni di Geova, omosessuali, coloro che venivano definiti “asociali”, malati di mente. E rom e sinti, perseguitati e sterminati non per motivi “ordine pubblico” ma per una questione di razza. Ariani sì, ma contaminati dal pericolosissimo gene del “vagabondaggio”, dunque sacrificabili in nome della tutela del sangue e dell’onore tedesco.
Ritter affermò che gli zingari sono pericolosi in quanto razza. E suggerisce la sterilizzazione per chi ha più di 12 anni
Nel novembre 1936 Ritter viene nominato Direttore della Sezione “Igiene razziale e politica demografica” del Centro di ricerche sull’ereditarietà del Ministero della Sanità del Reich. E in questa veste riceve un finanziamento per proseguire le sue ricerche sulla biologia di zingari ed ebrei: ciò che in particolare deve essere accertato è che la devianza sociale e criminale di rom e sinti sia radicata nella razza, e che dunque in essa ricada la loro pericolosità.
Ritter negli anni analizza migliaia di rom e sinti fino ad affermare che sì, gli zingari sono pericolosi in quanto razza. Perché sebbene siano di origine ariana sono stati contaminanti da un gene pericolosissimo, il Wandertrieb, l’istinto al nomadismo. E suggerisce la sterilizzazione per tutti gli zingari che avessero compiuto i12 anni.
Una pericolosità stabilita su una presunta classificazione genetica avrebbe del comico se i risvolti non fossero tragici: si parla di oltre 500 mila persone morte, fra Rom e Sinti, nei campi di concentramento e sterminio. Porrajmos (il grande divoramento) è la parola che indica questo sterminio su base razziale.
Le deportazioni hanno inizio: nel 1936 un numero imprecisato di Rom viene internato nel campo di concentramento di Dachau. Nel Lager di Buchenwald, alla fine del 1937, viene allestita una sezione speciale per gli zingari.
Come la persecuzioni degli ebrei, anche quella nei confronti di rom e sinti è stata la ultima tragica conseguenza di pregiudizi secolari. Pregiudizi che, almeno nei confronti di rom, sono duri a morire. E come per la Shoah anche per il Porrajmos la complicità del regime fascista fu solerte.
Nel 1899 a Monaco di Baviera viene istituito un Servizio per il controllo degli zingari presso la Direzione della Polizia, che nel 1929 si trasforma in Ufficio Centrale per la lotta alla piaga zingara.
È il 18 dicembre 1938 quando Himmler emana il Decreto sugli zingari, con cui si affida alla polizia il compito di schedare tutti coloro che per aspetto, costumi e usi possano apparire “zingari”. Ai rom e ai sinti si vieta l’ingresso sui territori del Reich. A quelli già presenti si impone la scelta: sterilizzazione o internamento in appositi Lager. Rom e sinti sono per il Reich una razza nociva al nuovo ordine tedesco.
La questione zingara, grazie al contributo fondamentale di Ritter, smette di essere un problema di ordine pubblico e diventa una questione di razza. Una svolta che ben presto l’Italia non tarda a recepire.
Settembre 1940: Arturo Bocchini dispone il rastrellamento e il concentramento di tutti gli zingari di nazionalità italiana
Gli zingari sono come gli ebrei.
È il 1942 quando il Ministero degli esteri comunica che il Reich ha parificato gli ebrei e gli zingari e che quindi anche nei loro confronti valgono le leggi antisemite in vigore.
Anche in Italia Rom e Sinti vengono imprigionati in campi e poi spediti otre il confine nei campi di concentramento.
C’è una data che difficilmente la comunità rom potrà dimenticare, ma di cui probabilmente troppo pochi hanno memoria. Quella del 2 agosto 1944, quando in un solo giorno 3 mila rom vennero uccisi nelle camere a gas di Auschwitz.
C’è un sito porrajmos.it e un progetto MEMORS. Il primo museo virtuale del Porrajmos in Italia. La persecuzione dei Rom e dei Sinti nel periodo fascista, che ricostruire attraverso documenti e testimonianze la storia e la memoria della deportazione delle popolazioni Sinte e Rom all’interno dei campi di concentramento italiani.
Quella di Francesco Brajdic, internato insieme alla madre Maria a e ai suoi sette fratelli a Gonars, è una delle delle testimonianze che MEMORS ha raccolto. “Il progetto – spiega il portale – mette al centro la diversità delle minoranze linguistiche Rom e Sinte, spesso misconosciute nel dibattito pubblico, a partire dal recupero della memoria sul Porrajmos”. In questa maniera, indirettamente, fornisce gli strumenti per de-costruire gli stereotipi esistenti in Italia circa i Rom e i Sinti”.
Perché se la Giornata della Memoria ha un senso, è quello di attualizzare il frutto della ricostruzione storica.
Per ricordare c’è anche uno spettacolo, un monologo di Pino Petruzzelli, che accende i riflettori su questo olocausto dimenticato.