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Forse dopo Le mani sulla città è l’altro film per cui maggiormente viene ricordato Francesco Rosi. Di nuovo un film inchiesta. Di nuovo un magnifico bianco e nero. Di nuovo il sud.
Come per Lucky Luciano anche per questo film uscito nel 1962 Rosi non semplifica ma mette in evidenza la complessità della vicenda italiana. Lucky Luciano non era un semplice mafioso alla Vito Corleone, aveva rapporti non solo con i mafiosi di mezzo mondo, ma anche con lo stato italiano e con quello americano che lo aveva liberato dal carcere e rispedito in Italia.
Salvatore Giuliano non era un semplice bandito, aveva rapporti con la mafia siciliana, con il movimento separatista, con i carabinieri; sparava sui comunisti, rapiva la gente, andava d’accordo con chi gli conveniva. Salvatore Giuliano è soprattutto nel titolo, nel film lo vediamo praticamente solo da morto, la sua voce la sentiamo solo una volta e fuori campo. Di nuovo Rosi non vuole che il pubblico si identifichi col personaggio, non vuole creare un mito, ma vuole che gli spettatori seguano le fasi della sua inchiesta, si accorgano di quale sia la verità.
Gli attori sono quasi tutti non professionisti. Le comparse vennero cercate in loco, cioè in Sicilia negli stessi luoghi della vicenda, molti di loro avevano quindi vissuto l’esperienza narrata nel film. Il film è stato da poco restaurato e mostrato al cineclub Arsenale, magari ve lo siete visto.