L’azienda ha presentato il 19 gennaio al Tribunale di Bologna il concordato preventivo in bianco, e da sabato 21 marzo i lavoratori del punto vendita di Navacchio sono in presidio
Dopo l’incontro della scorsa settimana con il Consiglio comunale di Cascina e dopo il tavolo con le istituzioni regionali, che si sono risolti con espressioni di solidarietà e l’impegno della Regione Toscana a sollecitare l’azienda alla presentazione di un piano industriale, continua lo sciopero delle lavoratrici e dei lavoratori del Mercatone Uno, che presidiano il negozio nella zona commerciale di Navacchio (Pi). Ora le attese sono per l’incontro che si terrà a Roma il 1° aprile, con il ministero dello Sviluppo economico, in cui i lavoratori contano di acquisire conoscenze sul perché della crisi della catena e sul futuro del loro posto di lavoro.
A Navacchio la protesta è cominciata sabato 21 marzo, quando i 36 lavoratori – di cui una in maternità e 4 associati in partecipazione – hanno capito che la volontà della proprietà era di svuotare il magazzino e poi di chiuderlo, come già successo lo scorso anno in altri 12 negozi del gruppo in tutta Italia.
Il Mercatone Uno ha presentato il 19 gennaio al Tribunale di Bologna il concordato preventivo in bianco, ma continua a non comunicare con i lavoratori e con le loro organizzazioni sindacali che, al momento, non sanno né se esiste un piano industriale, né se ci sono dei compratori per la catena composta da 79 negozi da Nord a Sud, con 4mila lavoratori diretti, più circa 2.500 associati in partecipazione, cioè lavoratori pagati a provvigione che non godono di nessun ammortizzatore sociale perché non hanno contratti di lavoro subordinato.
La vertenza del Mercatone Uno nell’area di Navacchio aggiunge un fattore di criticità nella zona produttiva pisana, che sta già pagando un caro prezzo in termini di disoccupazione per le delocalizzazioni di attività produttive e per la generale contrazione dei consumi dovuta alla diminuzione dei redditi della maggioranza degli italiani.
Ma risente anche della scelta fatta dagli amministratori locali, che hanno dato il via libera alla costruzione di un’Ikea che ha aperto appena un anno fa alle porte di Pisa (ad appena 90 km dall’Ikea di Firenze) e che ha un effetto cannibalizzante sulle attività concorrenti del territorio circostante e su quel che resta dell’attività di produzione di mobili nel cascinese.
Per uscire da questa crisi ora serve la collaborazione della proprietà nel rendere trasparenti i suoi obiettivi, ma serve anche uno sforzo di progettualità che metta attorno allo stesso tavolo lavoratori, sindacati, l’area della ricerca pisana e le istituzioni per trovare una soluzione di lungo respiro non solo per la singola vertenza del Mercatone Uno, ma per l’area pisana.
Paola Baiocchi