di Giovanni Cignoni
Prendiamo il via dalla rubrica sul Go, che ci fa conoscere un Leibniz stimatore delle pietre bianche e nere. Oltre a integrali, differenziali, monadi (e Go), il buon Leibniz è famoso per i suoi cilindri. Prima di essere associati ai motori a scoppio i cilindri erano l’anima delle calcolatrici, e chi vuole ricordarne l’inventore li chiama, appunto, cilindri di Leibniz.
Pascal nel 1642 aveva realizzato alcune macchine capaci di somme e sottrazioni. Nel 1694 Leibniz realizzò un paio di prototipi in grado di fare anche moltiplicazioni e divisioni. Bisognerà però attendere la rivoluzione industriale perché la domanda di strumenti per il calcolo diventi sufficiente a sviluppare una vera produzione commerciale di calcolatrici.
1. Un Thomas De Colmar, modello 1865 B.
Il primo inventore-imprenditore di questa storia è Charles Xavier Thomas: ingegnerizza le soluzioni esistenti, nel 1821 le brevetta, trova il nome, aritmometro, e nel 1851 avvia in Francia la produzione con il marchio Thomas De Colmar – aveva ricevuto la Legion d’Onore, gli piaceva sottolinearlo. È l’inizio di una dinastia: il figlio, il nipote, poi il socio Payen e la di lui vedova tutti costruiranno aritmometri. Che funzionano grazie ai cilindri di Leibniz.
2. L’interno di un Delton, un concorrente austriaco dei De Colmar, circa 1910.
Come sono fatti? Si vede bene nel Delton: non ha il fondo e si può sbirciare. L’idea di Leibniz è in quei cilindri con i denti a scalare: da 9 in giù.
Come funzionano? Le cifre dell’operando si impostano con i cursori (in primo piano sul De Colmar, azzerati), ognuno, dentro, sposta una ruota dentata lungo un cilindro di Leibniz. Quando si gira la manovella (all’estrema destra sul De Colmar) i cilindri girano. Se, per esempio, un cursore è sul 3 la ruota ingrana sulla porzione a 3 denti del cilindro e trasferisce 3 scatti all’accumulatore (il pezzo inventato da Pascal) dove si costruisce il risultato. Senza cursori e cilindri gli scatti vanno fatti “a mano” direttamente sull’accumulatore: scomodo, lento, facile commettere errori.
Tutte le calcolatrici meccaniche funzioneranno sulla base dell’idea di Leibniz. Tuttavia, per ottenere dimensioni più contenute, a partire dal 1890 circa i cilindri saranno via via rimpiazzati da soluzioni concettualmente simili, ma più compatte, ognuna con il suo inventore: ruote di Odhner, leve proporzionali di Hamann, adapting segment di Friden e altri ancora.
Il cilindro di Leibniz ritorna però con il canto del cigno del calcolo meccanico. Ed è un’incredibile rivincita: abbandonato perché ingombrante lo ritroviamo in un capolavoro di miniaturizzazione, la Curta, un oggettino di neanche 250 grammi che sta in una mano.
3. La Curta Tipo 1 e il suo contenitore.
Kurt Herzstark si inventò una soluzione con un solo cilindro centrale e tutto il resto del meccanismo “avvolto” intorno. Un’idea che gli salvò la vita: austriaco di origini ebraiche fu internato a Buchenwald, ma l’interesse dei militari per il suo progetto gli permise di sopravvivere fino alla liberazione. Trovò finanziatori in Liechtenstein e nel 1948 cominciò a produrre la Curta in serie. Fino al 1972 ne saranno prodotte circa 140000.
4. Sempre la Curta, aperta per svelarci il particolare cilindro di Leibniz centrale.