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È così che il giovane pippaiolo Travis Touchdown, cresciuto a repliche di wrestling e Colpo Grosso, trova un senso alla sua vita. In un’assolata e desolante Santa Destroy – capoluogo immaginario di una California pulp, molto pulp, pure troppo – il protagonista dei due episodi di No More Heroes taglia corto e si motiva buttandosi a capofitto in una girandola di massacri.
Barcamenandosi tra alcuni umilianti lavoretti part-time, esecuzioni di mafiosi mezzetacche e l’affettuosa cura di Jeane, il micio di casa, Travis dà il suo meglio quando, su mandato della misteriosa maliarda Sylvia Christel, scala la top ten scovando e sfidando i pezzi grossi dell’arte dell’assassinio: supermodelle spararazzi, scolarette staccateste, supereroi schizofrenici e tanti altri carismatici macellai. Ciò mentre gli tocca imparare nuove tecniche omicide da maestri sempre un po’ troppo affettuosi.
Se la premessa dei due giochi è rivoltare come un calzino Grand Theft Auto, ben presto i nodi vengono al pettine e ci si trova davanti ad una città popolata da qualche grigio manichino, dove le missioni di caccia alle taglie ci vengono elargite da impiegati annoiati, e si passa il tempo tra un boss e l’altro cercando t-shirt nella monnezza o sgommando verso il nulla sull’incredibile moto di Travis. E nonostante ciò, più difetti e mancanze inanella, più questa saga risulta affascinante e umana: la storia costringe sovente il giocatore a tappar buchi con la fantasia, i continui colpi di scena ludici e narrativi si prendono per il culo da soli e a chi gioca non viene chiesto altro che sorridere, godersi il momento e non farsi troppe domande.
È l’ideologia punk fatta videogioco: un basso, due bicci, tre accordi, pedalare. Chiaro che una verve del genere si ama o si odia, ma il tempo ha benignamente abbassato il prezzo del biglietto, e se avete voglia di tuffarvi, scozzo dopo scozzo potreste ritrovarvi immersi in una delle più realistiche e disfunzionali love story mai raccontate.
Tommaso Mongelli
www.fandonia.net