Dopo la breve parentesi sul parere dei treni (che, tanto per dire, ci è stata malevolmente imposta dalla par condicio in piena campagna elettorale), possiamo tornare a concentrarci sul nostro amato Pendolare.
Pur essendo la sua vita piena zeppa di soddisfazioni – ricordate il bagno a pagamento? E la bronchite d’assalto? E che dire del caffè assassino? Son soddisfazioni, per l’appunto – il Pendolare è continuamente perseguitato da nemici. Atmosferici e corporei.
Soprattutto corporei. Soprattutto vestiti di blu. Con il cappello. E il fischietto.
Sì, oggi parliamo di lui, lo spauracchio di ogni Pendolare: il Controllore.
Non che il Pendolare sia un disonesto. I tentativi di scroccare passaggi in treno si addicono ai viaggiatori occasionali. Il Pendolare, che prende il treno ogni giorno, non può permettersi certe bravate. A meno che non sia di cuore forte e riesca a scendere dal treno in corsa buttandosi dal finestrino almeno un paio di volte a settimana. Ma non lo farà mai.
E tuttavia, su di lui i controllori si accaniscono più di tutti. Vili, contano sul fatto che il Pendolare tipo è una creatura sudaticcia e particolarmente facile a lasciarsi prendere dall’ansia.
Quando il controllore entra in un vagone, con un’occhiata sa già contro chi scaricare le sue frustrazioni. Perché sì, il controllore è frustrato. E passa il suo tempo a chiedersi di quale innominabile crimine si sia macchiato in una vita precedente per essere condannato a tanto. Cosa possa aver combinato di così crudele da essere costretto a indossare una casacca di plasticaccia dura, un berretto che gli stringe le orecchie e delle scarpe rigorosamente nere che se vai in un qualsiasi negozio di abbigliamento le trovi alla sezione “come vestirsi a un funerale quando si è il morto”. E ancora si chiede per quale motivo debba mettere il fischietto in bocca e sputazzarci dentro. Cosa che, peraltro, lo imbarazza e rende oltremodo ridicolo dal momento che è molto facile, soprattutto per un esemplare di Controllore Anziano, sbagliarsi e fischiare negli occhiali a catenella e infilarsi il fischietto negli occhi senza capire per quale motivo, oltre a non emettere alcun rumore, vede tutto color acciaio. Ma dal momento che non sa dare una risposta a tutti i suoi quesiti (e chi potrebbe farlo?), sceglie la via dello sfogo gratuito e personale.
E così, appena entrato nel vagone, elegge il suo agnello sacrificale.
È un attimo. Tra il primo “Buongiornobigliettiprego” e “Grazie” ha già imposto la sua lettera scarlatta al disgraziato. Una gigantesca P rossa di Pendolare, o Pippa, o Poveraccio, o Perchéproprioame.
Per questo ogni tanto avete la convinzione che neanche lo controlli, il vostro biglietto. Semplicemente perché non siete voi le vittime prescelte quel giorno. Ma occhio, potreste essere i prossimi, pertanto non cadete nell’infausta convinzione che potete falsificare i biglietti scrivendo a mano Abonamento Menzile Ripafrtjagncbatta-Pisa Cientrale o scartavetrando il timbro dell’obliteratrice con la fiamma ossidrica. Al di là della puzza di gas, vi sgamerà. Prima o poi tocca a tutti.
E oggi è toccato a te, povero PendolarePippa.
Il controllore si avvicina a passi larghi e controllati, ma il suo volto è una maschera di sadismo e perversione. Le narici dilatate, la bava agli angoli della bocca, la fronte sudata e il fischietto stretto intorno al collo come un fedele pitone domestico.
Ti si piazza davanti a gambe larghe e con le mani sui fianchi. Sorride. Anzi no, ghigna.
– Bglttprego.
– Come, scusi?
– [asciugandosi la bava con il braccio] Ho detto BIGLIETTO, PREGO!
– Ah, sì sì. Aspetti che lo cerco, non l’avevo sentita arrivare perché avevo le cuff…
– Si muova che devo finire il giro.
Per la cronaca, questo è l’ultimo vagone.
Per ulteriore cronaca, la frase “si muova” o “si sbrighi” ha un effetto devastante sulla salute psicofisica del pendolare che, pur avendo il biglietto, diventa immediatamente paonazzo, sudato, con le mani tremanti e la voce impastata.
– Aspetti che non lo trovo…
– L’ha FATTO il biglietto?
– No perché ho l’abb…
– COME NO?
– No nel senso che ho l’abbonamento e quind…
– Senta, questa scusa è più vecchia del treno su cui stiamo viaggiando [e su questo non si può che dargli ragione n.d.r.].
– Ma no, le assicuro, è vero, è tutto vero…
Il delirio comincia.
– …mi lasci telefonare a casa, le spiegheranno tutto. Tutti hanno visto che ho l’abbonamento, telefoni alla biglietteria, all’ambasciata, a Scotland Yard. Sono innocente, lo giuro! Mi lasci andare la prego, LA SUPPLICO. È stato lui, lo vede quel bimbo lì all’inizio del vagone? Ecco, lui mi ha costretto a farlo, ha detto che avrebbe ucciso la mia famiglia. Lei che avrebbe fatto, eh?! Non ha figli lei? Perché vi accanite sempre…
Inarrestabile.
– …perché vi accanite sempre con i soliti? C’è la crisi, non si lavora e voi state a fa’ storie per il biglietto? Ce l’ho l’abbonamento, ce l’ho, ma lei no, qui è tutta questione di potere, vero? Le lobby, le multinazionali e chi ci rimette, intanto? Eh? Chi ci rimette? NOI, lavoratori onesti che ci facciamo un mazzo così. Eh, perché è facile parla’ ora con l’euro è tutto un magna magna! E basta poi sempre a dire e dire, intanto con il digitale terrestre è diventato un macello guardare la televisione e poi ci si preoccupa dei biglietti mentre l’Italia va allo sfascio. Ah, ma se fossi io il presidente del consiglio…
L’apoteosi. Il delirium tremens.
– …se fossi io, ah, guardi, non mi faccia parlare, che poi proprio adesso no?, dove l’avrò messo, perché ce l’ho eh, è inutile che mi guarda così, uh ma questo è l’orsetto che nonna mi ha regalato quando ho fatto due anni, ecco dov’era, comunque se io fossi Papa vi rimetterei tutti al vostro posto eh, oddio dov’è ‘sto maledetto abbonamento, senta ma lei non può continuare il giro vero, no, naturalmente no, eh, figurarsi, che qui dici dici fai fai ma poi che hai risolto eh, nulla, perché allora no, insomma, ecco, ma dove sarà, oddio mio dove sarà l’abbonam…
La scena che adesso si presenta agli occhi del controllore è quanto di più sublime esista per la sua povera vita di fischiettatore sottopagato. Una creatura distrutta davanti a lui. La borsa rivoltata, sui sedili il contenuto sparso. Monetine, portafogli, chiavi di casa, l’orsetto di nonna, acqua, tramezzini che dall’odore sono databili Pasqua 1967, sciarpe, fazzoletti, penne, graffette, robaccia inutile e polvere. Niente abbonamento. Il volto della vittima, sfigurato dall’orrore, lo ripaga di tutte le sue inquietudini. Ma non è ancora finita. Il suo sadismo può scagliare un ultimo colpo da maestro.
– Guardi in tasca.
– Eh, in tasca, ora lei la chiama tasca perché la vuole chiamare tasca, ma se io fossi il capo supremo delle ferrovie dello stato altro che tasche, perché poi qui la tasca sarà sicuramente vuota, io non ci tengo mai nien…oh, eccolo, tenga.
– Non mi serve, siamo arrivati.
Una battaglia che si combatte da secoli. Se hai un cuore, condividi questa tragedia con i tuoi amici, e con i tuoi figli, e con i figli dei tuoi figli, perché non dimentichino. Perché regalino al Pendolare un porta-abbonamento con sonaglino e compressa di Tavor inclusi. Dona il tuo 5Xmille alle ferrovie dello stato e salva un potenziale infartuato. Con un piccolo contributo puoi fare molto, per tanti.
Alessia R. Terrusi
Alessia, dovresti farci un libretto con codesti raccontini.Mi divertono molto (e sei bravina a scrivere).
Aspetto il prossimo.
Sempre che qualche capotreno non mi denunZi prima. Grazie, Bianca!