Museo cantiere delle Navi Romane e Arsenali Medicei. Queste le tappe della vista della Commissione Cultura di ieri, alla scoperta del Museo che verrà.
La facciata degli Arsenali Medicei si libera e i ponteggi vengono smontati. È la chiusura del primo lotto di lavori del futuro Museo delle Navi Antiche. A settembre la direzione regionale dei beni culturali preparerà la gara per l’assegnazione del lavori del secondo lotto, che una volta avviato dovrebbe richiedere circa un anno e mezzo per concludersi. La spesa complessiva è di circa 1,4 milioni di euro. L’obiettivo è di riuscire ad aprire i primi due padiglioni con l’allestimento definitivo entro la fine del 2015.
Ad essere conclusi sono i lavori di restauro della facciata e di ricognizione del tetto. Un’operazione quest’ultima ancora da fare nel primo padiglione (quello all’estremo più lontano dal centro cittadino). Adibito a stalle nell’800, invece, il secondo padiglione: qui queste saranno solo in parte conservate.
Quelle che vedete nella foto qui sotto e in quelle adiacenti saranno eliminate per dare spazio all’esposizione. Una scelta, spiega l’architetto Marta Ciafaloni della Soprintendenza, fatta sulla base di ricognizione storiche, determinata dalla destinazione museale.
Ad essere invece conservate i due vani di stalle più antichi, risalenti al 1814.
Per il recupero complessivo mancano ancora all’appello i fondi del Mibact: a ripartirli sarà poi la Direzione regionale dei beni culturali, che ha “classificato” il Museo delle Navi antiche come seconda priorità dopo gli Uffizi di Firenze. 7 milioni di euro circa la cifra necessaria per completare il complesso. Una cifra che comprende il recupero totale, la parte già adibita a stalle nell’800, la Palazzina del Galoppo, gli uffici della Soprintendenza archeologica, il giardino e l’area confinante con l’ex Convento di San Vito in cui sono previste la caffetteria, i bookshoop e i servizi di accoglienza.
“Un’ipotesi di gestione di questa area”, spiega l’architetto Marta Ciafaloni della Soprintendenza, “è una commistione pubblico-privato, dove il privato potrebbe gestire la parte del ristoro consentendone anche l’apertura serale e una più ampia fruizione dell’area verde, che in questo modo tornerebbe ad essere fruibile dalla città”. A rendere possibile questa soluzione e la riapertura del giardino in modo più svincolato dall’attività museale, con l’indipendenza degli ingessi in quella zona.
Fuori dal progetto complessivo l’ex Convento di San Vito, di proprietà del Demanio. Il “sogno” e la grande sfida sono quelli di portare qui il Centro di Restauro del legno bagnato, il più avanzato di Europa che ora si trova al Museo Cantiere delle Navi Antiche.
Un laboratorio che oltre a occuparsi dei reperti e delle navi del cantiere pisano, porta avanti restauri, consulenze e progetti di restauro nazionali e internazionali.
Trovare all’ex convento una collocazione per il laboratorio sarebbe una grande occasione: un museo archeologico di navi antiche che ha annesso un laboratorio specializzato e allo stesso tempo confinante con la Soprintendenza. Un centro di restauro di alto livello che potrebbe essere pensato in connessione con l’Università, e che potrebbe diventare anche luogo di formazione di primo piano.
Il Centro di restauro del Legno bagnato oggi è inserito nel Museo-Cantiere delle Navi. Ed è da lì che proverranno le navi e i reperti che troveranno una casa agli Arsenali Medicei.
Otto mila i reperti archeologici recuperati in 14 anni di vita del Cantiere. Trenta le navi (tre quelle già restaurate), di cui a trovare posti nel museo in forma integrale saranno fra le 9 e le 11. Dieci di queste potrebbero essere già pronte per il giugno del 2015, ma a dettare i tempi sarà la disponibilità delle sale del nuovo museo. Più lunghi i tempi per l’undicesima e la più grande nave, l’Akedo.
L’area che oggi ospita il Museo-Cantiere e i laboratori di restauro appartiene al demanio ferroviario. Per questa, una volta allestito il museo, sarebbe già pronto un progetto di risistemazione con una destinazione a parco pubblico che prevede il mantenimento della memoria del sito.
Solo un progetto per adesso; a restare sull’area a museo inaugurato saranno i capannoni che rimarranno come deposito della Soprintendenza e che continueranno, almeno per un po’, ad ospitare i laboratori di restauro. L’obbiettivo è quello di non disperdere il patrimonio di esperienze e di macchinari, che si è creato introno a questo cantiere.
Oggi la catalogazione dei materiali è quasi conclusa, il progetto museale è completato, i reperti da esporre sono già stati selezionati e il progetto espositivo e per l’allestimento è stato affidato a uno studio di Roma. 14 i milioni di euro spesi fino ad oggi per il cantiere, a cui si aggiungono i 500 mila euro di finanziamento di Arcus per il restauro della nave Akedo.
Per portare a termine il progetto completo definitivo mancano solo i 7 milioni di euro.
Nel 1998 al cantiere delle Navi Antiche di Pisa iniziarono i lavori per la costruzione di un centro direzionale delle Ferrovie dello Stato. Già dalle prime fasi dello scavo i mezzi meccanici si imbatterono nel rinvenimento di antichi manufatti lignei. Fu subito evidente che si trattava di antiche imbarcazioni. Nell’estate nel 1999 la decisione di destinare il sito alla ricerca. Il sito è stato quindi trasformato in un vero e proprio cantiere di scavo, che ha permesso l’identificazione della riva fluviale dell’antico corso del Serchio – Auser (non di un porto) in origine adiacente all’antico centro urbano, attraversata da un canale artificiale.
Il forte dissesto idrogeologico conseguente il disboscamento di età romana insieme ad altre vicende naturali hanno provocato nei secoli, tra il II sec. a.C. e il VII sec. d., una continua serie di alluvioni, che hanno determinato l’accumulo in una depressione del terreno, corrispondente all’area del cantiere, tutto ciò che incontravano, a partire dalle navi e dai loro carichi, ma anche parti di abitazioni e anche di una piccola necropoli.
Lungo la riva del fiume si sono quindi susseguiti, un villaggio etrusco (con le capanne lignee ancora conservate), la riva fluviale romana, un canale centuriale, e il naufragio di una trentina di relitti, tra quelli indiziati e certamente identificati.
Lo scavo da una originale impostazione estensiva si è poi adattato a un criterio di sostenibilità, indirizzandosi al recupero dei contesti musealizzabili e maggiormente significativi, mettendo in sicurezza di quanto non era possibile recuperare. Oggi è arrivato alla sua naturale conclusione con il recupero di tutti i relitti identificati (ad eccezione di uno, non praticabile per motivi di sicurezza). Sono stati attualmente recuperati decine di migliaia di reperti riferibili a dodici secoli di storia.