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Dalla carta allo schermo

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di Giovanni A. Cignoni

In principio era la telescrivente. L’Internet Vittoriana fu completata alla fine del 1800 e tutto il mondo conosciuto divenne connesso in tempo reale da una rete digitale. Era la rete telegrafica e i suoi terminali erano le telescriventi, macchine da scrivere tali che quel che è battuto a Londra è stampato a New York.

Dagli anni ’30 la rete è standard e tutti, dai telegrafi alle agenzie di stampa, trasmettono con lo stesso protocollo, il CCITT-ITA2, una sigla che, mescolando francese e inglese sta per Comité Consultatif International Téléphonique et TélégraphiqueInternational Telegraph Alphabet No. 2 e la dice lunga su quanto sia complesso trovare un accordo.

Il protocollo è digitale e binario: i caratteri – lettere, cifre e simboli vari – sono trasmessi da una telescrivente all’altra come pacchetti di bit. Quando alla fine degli anni ’40 arriveranno i primi calcolatori, che pure masticano bit, troveranno le telescriventi già pronte, diffuse, economiche e standard. Da subito saranno i mezzi ideali per comunicare con gli umani, così affezionati alle lettere dell’alfabeto e alle cifre decimali.

Addirittura, l’incontro avvenne prima. Il CNC di George Stibitz non era un vero e proprio calcolatore, piuttosto una macchina specializzata nei calcoli con i numeri complessi. Ma già dialogava con gli utenti attraverso le telescriventi. E dato che le telescriventi funzionano sulla rete telegrafica, nel settembre del 1940 stupì tutti lavorando in remoto. La macchina stava in una sede dei Bell Labs a Manhattan, ma fu usata durante un convegno dell’American Mathematical Society che si teneva al Dartmouth College di Hanover, nel New Hampshire.

Anche se apparvero subito strumenti di interazione più sofisticati (ne abbiamo parlato in A volte ritornano: dal touchscreen al mouse), per la loro economicità e praticità le telescriventi rappresentarono per molti anni la più diffusa postazione di lavoro di un calcolatore. Fra i modelli più importanti c’è la Teletype 33, che dominò la scena dal 1962 fino alla fine degli anni ’70.

Dopo qualche anno la stampa su carta fu sostituita da uno schermo video, più veloce, meno rumoroso e indipendente dal consumo di carta e nastri inchiostrati. Prima che sulle scrivanie arrivassero i personal computer, i terminali video erano il mezzo con cui il rapporto col calcolatore – grande e in una stanza dedicata – si faceva personale: i più fortunati avevano il terminale nel proprio ufficio dove lavoravano chini sulla tastiera e tête-à-tête con lo schermo.

Fra i terminali video, i più noti sono i modelli della serie VT100 della Digital, legati ai calcolatori PDP e VAX. Il loro protocollo è tuttora uno standard e – per i sensibili a certe cose – è un’emozione poterli ancora usare per aggiungere a un pc una seconda postazione di lavoro.

Chi ha un animo nerd, o nostalgia degli anni passati (tipo 30-35 anni fa a uno dei centri di calcolo di Informatica, Ingengeria, CNUCE o IEI, per dire), o è solo curioso, passi a trovarci all’Open Day della Ricerca il 10 e 11 aprile prossimi :)

Fig. 1. Un’operatrice alla telescrivente remota del Complex Number Calculator (dagli archivi del Dartmouth College) .
Fig. 2. Una folla di utenti intorno a una Teletype 33.
Fig. 3. Dennis Ritchie (in piedi) e Ken Thompson (i padri di Unix, fra l’altro), due Teletype 33 e un PDP11, circa 1971.
Fig. 4. John McCarthy (uno dei padri dell’intelligenza artificiale) al suo terminale al SAIL di Stanford, circa 1971.
Fig. 5. Ultime cure al VT105 del Museo degli Strumenti per il Calcolo prima della turnee all’Open Day della Ricerca.

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Pubblicato il: 9 aprile 2014

Argomenti: Cultura, Pisa, Scuola-Università, Tech

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