Come vi avevamo anticipato la settimana scorsa raccontandovi le origini dell’uva, oggi parleremo delle varietà di uva che si possono trovare e delle sue qualità per l’alimentazione.
L’uva da tavola è nettamente diversa da quella da vino, in cui si cercano delle caratteristiche adatte per la vinificazione, che sono acidità elevata e giusto grado zuccherino. L’uva da tavola deve essere dolce, matura e piena di zuccheri naturali. Durante la maturazione gli acidi tartarico, malolattico e altri, tendono a scomparire per far posto agli zuccheri. In piena maturazione quindi si avranno solo gli zuccheri. L’uva da tavola è molto coltivata in Italia, le maggiori produttrici sono Puglia e Sicilia, seguite da Lazio e Abruzzo. Sono moltissime le varietà coltivate, sia autoctone che importate. La prima sostanziale differenza, oltre alla classica tra uva bianca e uva rossa, è tra l’uva con semi e quella senza semi.
La varietà bianca più diffusa è l’uva Italia, un incrocio realizzato dal Prof. Pirovano ai primi del novecento, con acini e grappoli molto grandi da 700 grammi. I chicchi sono sferici, croccanti e gialli dorati. È la più prodotta il tutto il mondo. Molto famosa è anche la Regina, molto antica e di probabile origine siriana, con acini grandi giallo dorati, carnosi e grappoli medio grandi. Il peso al grappolo arriva fino ai 700 grammi. Larga diffusione ha la Regina dei Vigneti anch’essa con grandi acini giallo dorati e grappoli che arrivano a pesare al massimo 500 grammi. Famosissima è la Sultanina, con acini piccoli e non troppo dolci. I grappoli possono pesare al massimo 300 grammi. Particolare è il Pizzutello Bianco, con i suoi acini lunghi, giallo-verdi i cui grappoli possono pesare fino a 400 grammi.
Altre varietà molto conosciute sono la Victoria, la Baresana, il Moscato e lo Zibibbo, il Sant’Anna di Lipsia, la Matilde, il Noha, la Perla di Casba. Tra le rosse si segnalano la Alphonse Lavalee di origine francese, con grappoli da 600 grammi e acini grandi, blu-neri, la Cardinal, una californiana piantata in Italia dopo la seconda guerra, con grandi grappoli da mezzo chilo e acini grandi, rosso violacei variabili e un gusto neutro. Le due Conegliano, il Precoce e il 218 hanno caratteristiche molto simili, con maturazioni diverse: grappoli da quasi mezzo chilo con acini grandi, neri e aromatici.
L’Isabella invece venne prodotta incrociando la vinifera con la vitis lambrusca per ottenere un buonissimo sapore di fragola. Acini piccoli e grappoli di soli 150 grammi non ne fanno però un uva molto redditizia. La sua vinificazione è vietata per legge a causa di un’elevata presenza di alcol metilico nel vino.
La Red Globe è di origine californiana. Fra le varietà recentemente scoperte è quella più diffusa. Il grappolo è molto sviluppato con peso medio di 700 — 800 grammi, di forma conica — piramidale con grossi acini dalla polpa incolore. Altre uve famose sono i moscato neri e il Michele Palieri.
I grappoli sono raccolti maturi, dato che dopo la raccolta non maturano ulteriormente, quindi non si corre quasi mai il rischio di acquistare uva acerba. Il colore ne indica lo stato di maturazione: gli acini di uva bianca devono tendere al giallo e quelli di uva nera devono avere un colore molto scuro, tendente al nero. Gli acini devono essere saldamente attaccati al grappolo e il gambo deve essere flessibile. Il tipico strato di polverina che avvolge ogni acino è un importante segnale della freschezza del frutto, poiché tende a scomparire con il tempo anche a causa dei “passaggi di mano”. Una volta acquistata, bisogna asportare eventuali acini marci e riporre i grappoli in frigorifero all’interno di una scatola di plastica perforata. In questo modo si conserverà anche per una settimana. L’uva va lavata solo prima di essere consumata.
Oltre al vino, dall’uva si produce anche il succo, una bevanda zuccherina ma non alcolica, e dai semi si estrae l’olio di vinaccioli.
Qualità, indicazioni per la salute e il mistero del resveratrolo
L’uva è indicata in caso di anemia e affaticamento, uricemia e gotta, artrite, vene varicose, iperazotemia, stitichezza; ha inoltre proprietà antivirali, grazie al contenuto di acido tannico e di fenolo, in grado di contrastare il virus dell’herpes simplex (applicazioni di succo d’uva o di mosto sulle labbra affette da herpes ne velocizzano la guarigione). L’uva ha un alto contenuto di polifenoli, antociani e di resveratrolo, presente nella buccia dell’uva nera.
Il resveratrolo è un tipo di fenolo naturale prodotto da diverse piante, scoperto per la prima volta nel 1976 nella vite e da quel momento sempre più studiato per i presunti effetti benefici sulla salute. Nel 1991 Serge Renaud, dell’Università di Bordeaux, teorizzò il “paradosso francese”, basandosi sull’osservazione che il tasso di mortalità e di incidenza di malattie cardiovascolari risultava nettamente inferiore negli abitanti del sud-ovest della Francia rispetto a quello della nazione intera: nonostante il grande consumo di burro e formaggi, chi beveva vino rosso risultava protetto maggiormente rispetto a chi ne consumava meno. La teoria di Renaud fu però oggetto negli anni successivi di critiche da parte di alcuni scienziati che contestavano lo studio.
L’analisi francese si basava infatti sull’errata interpretazione dei risultati sull’incidenza della malattie cardiovascolari. Secondo un ampio studio pubblicato nel 1999 risulta evidente che il tasso di mortalità per malattie cardiovascolari è costante in tutta Europa. Non ci sono differenze significative nemmeno tra il nord e il sud della Francia, punto cardine del paradosso francese. La differenza c’è, ed è significativa, tra le popolazione del nord e sud Europa.
Un dato che può essere spiegato nella differenza degli stili alimentari (dieta mediterranea…), vino compreso. Altri dati però sugli effetti cardiovascolari derivanti dal consumo moderato di vino rosso, hanno indotto a puntare ugualmente sul resveratrolo come potenziale agente benefico per tutta una serie di condizioni, dal diabete alle malattie cardiache, dall’invecchiamento ai tumori.
Finora la maggior parte delle ricerche su questo antiossidante è stata condotta in vitro, su animali o su persone che avevano patologie di vario tipo, e gli effetti sono stati a volte visibili, a volte meno chiari, a volte del tutto assenti.
A questo proposito bisogna ricordare la frode scientifica di Dipak Das direttore del Cardiovascular Research Center dell’Università del Connecticut, che per anni ha truccato i dati delle sue pubblicazioni, presentando il resveratrolo come una sostanza dalle virtù miracolose.
Messo alla prova su donne sane dai ricercatori della University School of Medicine di Saint Louis il resveratrolo si dimostra indistinguibile dal placebo, e quindi del tutto inefficace.
A questo punto, se il resveratrolo da solo non agisce in alcun modo, da cosa dipendono gli effetti benefici collegati al consumo (moderato) di vino rosso? Ci sono, secondo loro, almeno due possibilità: la prima è che il reseveratrolo, per agire, abbia bisogno di qualche altra sostanza presente nel vino, che lo rende attivo. In alternativa, l’agente efficace potrebbe non essere il resveratrolo ma qualche altra molecola, finora rimasta nascosta nel vino, che ne contiene a centinaia (e neppure tutte note).
Nel frattempo, alcune aziende (anche italiane) continuano a puntare tutto sulle sue supposte virtù, proponendo integratori che hanno l’unico effetto certo di alleggerire il portafogli… La pubblicità di Revidox, l’integratore alimentare a base di uva rossa, nel 2011 è stato censurata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, e la società Paladin Pharma S.p.A., titolare del marchio, è stata multata.
Quindi, la cosa migliore che possiamo fare è consumare l’uva da tavola (e vino rosso, moderatamente….) all’interno di una alimentazione equilibrata, per attingere pienamente alle sue benefiche proprietà.